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«Usiamo le aziende pubbliche per ridurre il debito»

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Armani propone di spostare parte del deficit sulle società a partecipazione statale

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Occorre passare ad una operazione di ingegneria finanziaria non solo per ridurre il debito ma anche per liberare risorse che serviranno a completare il programma sulle infrastrutture». Pietro Armani (An), presidente della Commissione Ambiente e Lavori pubblici della Camera, ha un piano ben preciso per ridurre il debito pubblico. Non si tratta di una proposta da presentare al ministro dell'Economia Siniscalco in vista della Finanziaria, ma non è detto, anche se lui al momento nega, che possa trasfromarsi in un contributo al dibattito sulla manovra economica. Ridurre il debito? Bruxelles ce lo chiede con insistenza e vari governi ci si sono cimentati ma con scarsi risultati. Lei che propone? «Le privatizzazioni e le cartolarizzazioni hanno prodotto scarsi risultati. Anche i condoni fiscali alla lunga hanno ridotto il gettito anzichè aumentarlo. Le riforme hanno bisogno di risorse finanziarie continuative e strutturali derivate anche dallo spostamento della spesa pubblica dalla parte corrente al conto capitale. Bisogna completare il programma di sviluppo delle infrastrutture». Ma per le infrastrutture servono soldi, dove si recuperano se la priorità è abbattere il debito? «Questo è il punto. Finora abbiamo pensato che la riduzione del debito pubblico fosse possibile solo con l'aumento del pil. Questo è stato possibile per un certo periodo di tempo, ovvero fino a quando l'economia europea ha cominciato a rallentare. Per questo io propongo un progetto di ingegneria finanziaria». In che consiste la sua proposta? «Bisognerebbe utilizzare in modo intelligente le residue partecipazioni societarie dello Stato quali la Cassa Depositi e Prestiti, il Bancoposta, Fintecna, Patrimonio spa, Sviluppo Italia, per ridurre in maniera significativa e rapida il peso del debito». Ci può chiarire meglio? «L'operazione di ingegneria finanziaria sul debito pubblico dovrebbe perciò consistere nello spostare una parte di esso sulle società partecipate e magari quotate ma sempre controllate dallo Stato, sia pure con patti di sindacato, le quali si indebiterebbero sul mercato internazionale dei capitali e così acquisterebbero dal Tesoro le residue partecipazioni statali coi dividendi delle quali pagherebbero gli interessi sui debiti contratti. Lo schema sarebbe un po' quello dell'ex ministro Guarino». Ma quale sarebbe il risultato di questa operazione? «Con l'abbattimento di una quota del debito in cifre assolute si ridurrebbe per il Tesoro l'onere per il servizio interessi sul debito stesso. In questo modo si libererebbero risorse da destinare all'eliminazione progressiva dell'Irap e del cuneo fisvale sulle imprese. Questo contribuirebbe a rimettere in moto l'economia. E non solo. Consentirebbe di ripensare la riforma Bassanini». Vuol dire un'altra riforma della pubblica amministrazione? «Si potrebbe stralciare la Ragioneria generale dello Stato dal ministero dell'Economia per recidere il conflitto tra chi spende e chi controlla. In questa ottica la Ragioneria, assorbendo eventualmente compiti oggi affidati alla Corte dei Conti potrebbe svolgere separatamente da Tesoro e Finanze un compito di controllo su tutta la contabilità dei diversi livelli di governo».

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