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Udc, tre anni da guastatori

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È il 20 aprile 2002 quando Marco Follini, allora presidente del Ccd, nel corso dell'intervento all'assemblea nazionale dell'Udc, lascia intravedere una convivenza difficile. «L'Udc abita nella Casa delle Libertà, non è un ospite passeggero e nemmeno un inquilino abusivo». Assicura di essere leale al governo, ma ricorda anche che «l'amico leale è quello che parla chiaro e che non rinuncia alla propria opinione». Sempre quel giorno è da registrare un particolare curioso. Dice Follini: «Ogni tanto vedo girare sondaggi fantasiosi. Quando conteremo i voti temo che alcuni di quei sondaggi si riveleranno per quello che sono: buona carta per impacchettare il pesce». Curioso davvero visto che l'ultimo scontro nella Cdl è proprio sulla guerra dei dati dei sondaggi. Insomma è da tempo che l'Udc mostra di essere «l'anima inquieta» della Cdl, con un pressing asfissiante. A febbraio di quest'anno un altro dei tanti ultimatum lanciati dai centristi. In vista delle regionali di aprile l'Udc minaccia di correre da sola. Sempre a febbraio il partito di Follini si dice pronto a votare con l'opposizione sul Cda della Rai per l'approvazione del bilancio e il cambio al vertice. E l'Udc è, a gennaio scorso, il più freddo dei partiti della Cdl su par condicio e legge elettorale. Ha tutto il sapore di uno «schiaffo», invece, quanto accaduto il 20 maggio del 2004. Alla Camera, al termine della comunicazione del presidente del Consiglio sulla questione irachena, c'è una standing ovation dei deputati della maggioranza a Berlusconi. Tutti tranne quelli dell'Udc, rimasti seduti, alcuni senza applaudire. Torniamo al 2004, precisamente a maggio, quando Berlusconi lancia la sua idea sulla riduzione delle tasse. Questo è l'altolà di Follini: «Se si vuole dare una scossa all'economia italiana bisogna affrontare un ragionamento più ampio rispetto alla riduzione fiscale che può ridare fiato ai consumi ma non permetterebbe di ridare slancio alla nostra economia». Siamo, invece, in vista delle europee, quando il leader Udc annuncia minaccioso: «Vogliamo battere il centro sinistra ma anche cambiare il centrodestra». E «spara» un no secco alla lista unica del centrodestra, Con tanto di «benedizione» di Casini. Sono i giorni del tribolato rapporto tra Udc e Berlusconi, il periodo post-verifica. Il leader centrista diventa sempre più polemico nei confronti del premier: diserta in modo plateale alcuni vertici di coalizione. Sono i giorni delle minacce, dell'appoggio esterno, della rincorsa di voci di uscita dal governo da parte dell'Udc, di febbrili incontri e di un Berlusconi sempre più fiaccato dall'azione centrista che lo spinge a constatare che pur con una presenza marginale c'è qualche partito che chiede «più posti e più potere». Sono giorni in cui Berlusconi chiede a Follini di entrare nel governo ricevendo in cambio un «no grazie». E ancora l'Udc ad alzare la voce nella coalizione di maggioranza, questa volta a luglio 2004 sul Ddl Gasparri. Torniamo al 2002. In un'intervista Follini dice di non credere ai taumaturghi e quindi Berlusconi non può fare miracoli. Il premier era già stato avvisato.

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