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Giornali, una montagna di bufale

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Cantonate. Anche queste tante. Quanta strumentalizzazione, per chi ha interesse a liquidare in fretta la pratica Fazio sull'onda della moral suasion così poco morale. I grandi giornali hanno dichiarato esplicitamente guerra contro via Nazionale e in battaglia tutte le armi sono valide, si direbbe, per espugnare il fortino di palazzo Koch. Anche le notizie false. E c'è chi vorrebbe far partire le cannonate addirittura dal Colle del Quirinale. La Repubblica giovedì svela un retroscena a prima vista ghiotto per la portata dell'indiscrezione. Si legge di una telefonata fatta alle 19.15 da Gianni Letta al governatore della Banca d'Italia direttamente dal Quirinale, con tanto di frasi virgolettate. Colonne di testo per provare a convincere che a questo punto, nella generale pressione su Via Nazionale, il vento spira anche dal colle più alto di Roma. Ma il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari non è solo. A fargli compagnia un altro «mostro sacro» di vendite e tirature. Il Corriere della Sera di Paolo Mieli, infatti, scrive che gli squilli dal Quirinale sarebbero stati addirittura due, nel giro di un'ora e mezza, davanti a Campi e Berlusconi. Falso. Non è accaduto niente di tutto ciò. Lo dice, infatti, un comunicato della presidenza della Repubblica datato 8 settembre: «A quanto si apprende negli ambienti del Quirinale, né nei giorni precedenti, né durante, né dopo l'incontro di ieri pomeriggio (7 settembre per chi legge) del Presidente della Repubblica con il presidente del Consiglio dei ministri e con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Gianni Letta, sono partite dal Quirinale telefonate dirette alla Banca d'Italia». La smentita, dunque, è secca e arriva anche dalla stessa Bankitalia. Notizie non notizie, dunque. E non sarebbero le uniche. Ricordate le famose intercettazioni che hanno acceso le polveri, quelle che il sito politico-gossipparo Dagospia ha brillantemente intitolato «Il codice Fiorani»? Furono date in pasto ai giornali trasformandole in pratica nella sceneggiatura del film che qualcuno sta montando ad arte. Ebbene, in ben 5 pagine si riportavano i contenuti di varie telefonate di Gnutti a tale Stefano che gli invrestigatori hanno identificato con l'immobiliarista Ricucci, protagonista della scalata a Rcs. Si scopre, invece, che si tratta di tale Stefano Bellaveglia, il vice-presidente della Hopa, l'azienda del finanziaere bresciano. E che concerto è? Gnutti con il suo braccio destro? E che dire di quel Gigi, ripetutamente citato che tutti hanno identificato come monsignor Luigi Ginami, diplomatico alla segreteria di Stato del Vaticano? «Non sono io quel Luigi», disse in fretta il prete. Si trattava, invece, del senatore Luigi Grillo apertamente dichiarato amico del governatore Fazio. Aggiungiamoci anche le tante voci che da giorni si infiltrano nelle varie redazioni e nei salotti romani e dell'alta finanza, messe in giro da portavoce, addetti stampa, pr e segretari vari. Mettiamoci anche la spettacolare strumentalizzazione del caso del giorno che inganna il sondaggista Nicola Piepoli che, spiega che, avendo condotto un'inchiesta su Fazio, molti intervistati hanno confuso Antonio Fazio con Fabio Fazio, il conduttore tvc. E che dire degli strali, partiti sempre dagli stessi giornali, contro Fazio, definito strenuo ed eccessivo difensore dell'italianità delle banche? Fazio privilegia le opa italiane, i raider nostrani? Ma quante Opa e Ops sono state lanciate in questi ultimi tempi? Due, sono quella olandese di Abn Amro sull'Antonveneta e quella spagnola del Banco di Bilbao su Bnl, e sono state le uniche autorizzate da Bankitalia. Volendo archiviare il caso Fazio, basta ripercorrere questo 2005 per scoprire che i poteri forti dell'editoria, cioè quei grandi giornali capace di muovere voti e creare consensi e «antipatie», si sono lanciati con inspiegabile leggerezza verso prese di posizioni che alla fine non hanno pagato e in alcuni casi si sono anche rivelate perdenti. È il caso, per esempio, della battaglia per il re

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