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Tremonti: «Sciacalli su Fazio»

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Anzi. Dice chiaro e tondo quello che ormai ripete da tre anni: «Il Governatore dovrebbe ritirarsi». Al convegno di Cernobbio, a chi gli chiede un commento sulla riforma della Banca d'Italia appena varata dal governo, il vice presidente del Consiglio risponde lapidario: «La frase - osserva - è quella che ho lasciato agli atti al Consiglio dei ministri. È una frase latina ma si capisce. "Heri dicebamus sed cras eius peius erit", ossia lo dicevamo tre anni fa, se va avanti così sarà sempre peggio». E va bene, questo è il Tremonti pensiero. E nulla si può obiettare perché è quel che ripete da mesi. Ma è subito dopo che il numero due (con Fini) del governo aggiunge una postilla velenosa: «Proprio per questo, perché lo dico da tre anni, non condivido neanche la posizione di tanti, di tantissimi che lo scorso anno lo osannavano e, di tanti, di tantissimi che hanno cambiato idea. L'anno scorso - aggiunge - lo osannavano e adesso fanno gli sciacalli e non è una cosa civile». E con chi ce l'ha Tremonti? Nomi, l'ex ministro dell'Economia, non ne fa. Ma è possibile capire a chi si riferisca. Anzitutto Giorgio La Malfa. Il leader repubblicano ha compiuto una vera e propria giravolta: prima contro Fazio, poi a favore, di nuovo contro. E il tutto nel giro di qualche mese. Il 15 febbraio 2004 sentenzia: «Se vogliamo difendere gli assetti istituzionali e il ruolo stesso della Banca d'Italia, Antonio Fazio se ne deve fare». Un anno dopo il suo giudizio si fa ancora più granitico, il 28 gennaio 2005 afferma: «Il problema non è introdurre un mandato a termine per il governatore della Banca d'Italia, ma mettere a termine questo governatore». Tre mesi dopo, appena nominato ministro per l'Europa, si reca a Palazzo Koch per un lungo incontro con Fazio. Una nota di via Nazionale sottolinea che il colloquio è stato «cordiale, lungo e approfondito». Pace fatta. Seguiranno mesi di idillio. La Malfa si schiera al fianco del governatore in tutte le occasioni. Il 19 luglio scorso sostiene che l'informativa di Fazio al Cicr sulla guerra delle banche è «soddisfacente». Il 28 luglio avverte: «Fazio è attaccato perché ostacola chi specula». Il 4 agosto aggiunge: «Eliminare Fazio? Non ridarebbe credibilità all'Italia». Ma a fine mese, nuova conversione: «Il Governatore consideri le dimissioni». Per non parlare di Luca Cordero di Montezemolo, che nel suo discorso di insediamento alla guida di Confindustria, il 27 maggio 2004, dichiara conclusa la guerra tra imprese e banche (che aveva coinvolto anche Palazzo Koch): «Per crescere occorre avere una finanza efficiente e alleata delle imprese». E ancora: «Non vorrei più sentir parlare di contrapposizione tra banca e impresa, dobbiamo fare tutti un passo avanti». Ma un anno dopo Montezemolo compie un passo indietro e il 17 agosto scorso denuncia: «Penso che Antonio Fazio avrebbe dovuto dimettersi, perché quando si mina così fortemente la credibilità e l'imparzialità del sistema, non si può non tenerne conto». Tra quelli che hanno cambiato idea va annoverato anche Gianni Alemanno (An), che il 31 maggio 2004, ascoltata il discorso annuale di Fazio, dichiara: «È una relazione che condiviso sulla strategia politica». Due giorni fa invece chiede a Fazio di fare «un passo indietro».

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