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Marco fa la lista dei buoni e cattivi

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La relazione introduttiva del segretario Marco Follini, al di là dei contenuti politici, è stato una sorta di bignami di ciò che è «in» e ciò che è «out» dalle parti di via Due Macelli. Perché, in una società come la nostra, non se nessuno se non hai dei modelli a cui ispirarti. Ecco allora l'elenco dettagliato degli amici e dei nemici del «centrista doc». Assolutamente «out» il «lunghissimo e interminabile '68» italiano con tutte le sue conseguenze come le magliette di Che Guevara e i libretti rossi del «despota cinese» Mao. «Out» ovviamente anche Achille Occhetto e la sua «gioiosa macchina da guerra», gli unici a beneficiare del crollo del muro di Berlino. A proposito del muro è decisamente «in» Papa Giovanni Paolo II che ha contribuito in maniera determinante alla «grande ventata» di libertà che ha sferzato l'Europa nel 1989. Della politica di governo l'unica cosa veramente «in» sono le leggi Biagi e le innovazioni che ha portato nel settore dell'occupazione. Personalità «in» sono Carlo Azeglio Ciampi e Mario Monti. Nella classifica del porporato la spunta Camillo Ruini (in) che vince con notevole distacco sul cardinale Ruffo di Santa Fede quello che, nel 1800, armò i contadini contro la Repubblica napoletana. Tornando alla storia recente del nostro Paese il centrista doc trova veramente «out» il giustizialismo di stampo dipietrista e «l'ampolla del dio Po». E, se per caso vi trovate a passare dalle parti di via Due Macelli, guai a pronunciare il nome di Stefano Ricucci. Gli eredi dello «scudo crociato» sono assolutamente dalla parte di un Corriere della Sera «libero e indipendente». Volendo usare una semplificazione forse eccessiva potremmo dire Ricucci «out», Montezemolo, Fiat e i pattisti Rcs «in». Eccoci quindi al grande patrimonio politico a cui si rifanno i centristi dell'Udc. Il loro sogno somiglia un po' a quello di Jovanotti che voleva una Chiesa che da Che Guevara arriva fino a Madre Teresa. La chiesa di Marco Follini si chiama più sobriamente «casa comune» e sotto il suo tetto siedono comodamente la tedesca Angela Merkel (il presidente della Cdu) e il francese Nicolas Sarkozy (presidente dell'Udc d'oltralpe), senza dimenticare Churchill, De Gaulle, Kohl e l'indiscusso padrone di casa Alcide De Gasperi. Ma il segretario Udc non ha nessuna intenzione di essere avaro di complimenti così, per non fare torto a nessuno inserisce nella lista di ciò che è incredibilemente «in» anche il giovane «rampante» della politica nostrana Roberto Formigoni (per la sua posizione favorevole alle primarie nel centrodestra) e un altro mostro sacro della tradizione democristiana: Aldo Moro, di cui fu discepolo e seguace assieme al padre. Dello statista ucciso dalle Br cita anche una frase che è un po' la sintesi della mission dell'Udc: «Il potere, conterà sempre di meno. E conterà di più una parola detta discretamente, rispettosa e rispettabile». Chiudiamo con la «lista nera» del popolo centrista. Una sorta di bignami degli innominabili di via Due Macelli. In realtà si tratta di una cetegoria i dirigenti «più attempati». Nella casta Follini inserisce Vittorio Mincato, ex ad di Eni e oggi presidente di Poste. E poi, udite udite, Enzo Biagi e Giorgio Bocca perché, dice il segretario Udc, «se a qualcuno capita di considerare che i loro articoli, letti e riletti, non sembrano più ora degli straordinari capolavori di originalità si alza subito il coro che grida alla lesa maestà». Certo, si sa che, quando si fanno le classifiche, qualcuno, inevitabilmente, resta sempre fuori. Così può anche succedere che Papa Benedetto XVI non riceva nemmeno una piccola citazione citazione. Succede. Tutti presenti, nessuno escluso, invece, i dirigenti a cui Follini a dedicato i ringraziamenti di rito. Si va da Buttiglione a Tassone, da Baccini a Giovanardi, da D'Onofrio a Volontè fino a Cuffaro e Lorenzo Cesa (l'unico menzionato senza incarico, chissà perché). Per un giorno non ci sono divisioni e a tutti va l'applauso della platea del Palalottomatica. D'altrone non si è mica democrist

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