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E Gasparri avverte: «Non siamo yesmen»

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Maurizio Gasparri riceve l'ovazione quando afferma: «È vero, forse la destra senza Fini sarebbe ridimensionata. Dove andremmo senza Fini? Ma vale anche il contrario. E noi da Fini vogliamo sapere dove dobbiamo andare...». O quando rivendica in toto la battaglia per l'astensione sul referendum: «La nostra è stata una scelta giusta, che sarebbe stato bello rivendicare insieme come partito». Scrosci anche quando l'ex ministro delle Comunicazioni dichiara: «Sui temi referendari è indubbio che siamo in difficoltà con alcuni settori di opinione del nostro partito». O quando contesta al leader di essersi pronunciato pubblicamente proprio sui quesiti della fecondazione assistita: «Speravo che il leader non si avvalesse della libertà di coscienza». Gasparri spiega poi che «se i dirigenti di partito si parlano tra loro lo fanno per un confronto, ma con questo leader non vuol dire una destra di yes men. Avere un leader significa anche poterci discutere». - Per questo è necessario «non trasformare l'assemblea nazionale di sabato (prossimo, ndr) in un plebiscito fideistico». «Se è così non ci sto. Discutiamo sulle regole di partito, che non vuol dire nè congiure e nè servilismo. Fini in questo momento ha bisogno di confrontarsi - spiega Gasparri - con un partito che discute alla luce del sole». Quindi parte la prospettiva del futuro. E chiede di preparare un documento da presentare all'assemblea «non contro An ma a favore», ma con contenuti chiari. Quindi l'affondo pesante diretto contro Gianni Alemanno e l'eventualità che sia lui a guidare An in futuro: «Non è stata discussa in nessun luogo di partito una cosa importante come il taglio sull'Irap e le tasse sul risparmio. Se si fosse deciso di procedere in quel modo, agendo magari su un aumento dell'Iva, si sarebbero fatte scelte catastrofiche per il nostro elettorato. Nessuno di noi che rappresenta il partito può prescindere dagli altri e prendere decisioni personali». Una responsabilità che Gasparri imputa soprattutto a Gianfranco Fini, che su molti temi, dal referendum, al voto agli immigrati, al viaggio a Gerusalemme, ha compiuto molte scelte solitarie. «Torniamo allo statuto - dice dunque Gasparri - perché metodi sbagliati producono decisioni sbagliate e ne subisce un danno anche chi ci guadagna una poltrona». F. D. O.

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