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«Da tempo Gianni vuole il posto di segretario Ma finirà tutto a tarallucci e vino»

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Il referendum è solo un pretesto»: è la previsione che donna Assunta Almirante (nella foto) ha fatto in un'intervista — nella quale si tocca anche il tema dei sospetti sulla morte di Giorgio Almirante — che sarà pubblicata oggi sul magazine del Corriere della Sera. Sul referendum, Assunta Almirante rivela di aver votato sì: «Anch'io mi sono espressa per il sì. Sono credente, ma questo era un voto di coscienza. E sono per la ricerca: perché far soffrire una persona ammalata di tumore o di Alzheimer?». Sul piano politico, però, mezzo partito è in rivolta. Come finirà? «A tarallucci e vino, finirà. Il referendum è solo un pretesto. Alemanno vuole la segreteria da tempo, questo è il punto. Ma, cari ragazzacci, bisogna rispettare le regole! Facciano un congresso e si vedrà. Per il momento hanno distrutto ciò che Almirante aveva costruito in modo perfetto, un partito esemplare dal vertice alla base. I colpi di mano non servono. E comunque Gianfranco ha saputo gestire, a volte, anche il caos». Quanto all'aspetto «etico» , Assunta Almirante condivide la scelta di Fini sulla procreazione assistita: «Gli fa onore: una decisione valida, coraggiosa. Anche Almirante avrebbe assecondato i cambiamenti». Però, fa notare l'intervistatore, in occasione del referendum sul divorzio Almirante fece propaganda per l'abrogazione: «Lui era favorevole - ricorda donna Assunta - poi il partito lo mise in minoranza. E Giorgio si adeguò. Io sostenni il divorzio pubblicamente, lui mi chiedeva di non fare troppo chiasso». Assunta Almiramnte è uno di quei personaggi che fanno chiasso appena aprono bocca, come ultimamente quando, nel libro che le ha dedicato Domenico Calabrò, ha rivelato di nutrire sospetti sulla fine del marito. Perchè parlare solo adesso? «Non è vero. Ne ho sempre parlato! Non è stata una rivelazione e neanche un'accusa: non ho prove nè riscontri. Solo una grande delusione. Giorgio era andato a Parigi, per un intervento alla carotide. Eravamo pieni di speranze. Giorgio non stava bene, ma niente lasciava presagire la fine. Sono tornata in Italia delusa, distrutta: per 24 ore, un tempo infinito, non riuscimmo neanche a vedere mio marito. Scomparso, senza notizie. E quando Giorgio tornò in camera, dalla rianimazione, non era più lui: un uomo finito, non mi riconosceva più. E dopo venti giorni morì. Era successo qualcosa? Impossibile accertarlo. Ma i dubbi verrebbero a chiunque». Ha pensato di aprire un caso? «No. Non posso assolutamente dire che sia stato ucciso. L'angoscia è nel cuore».

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