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Prodi: «Tutto ok nell'Unione»

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Ma il referendum divide ancora

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Ai giornalisti che lo circondano, Prodi ribadisce che dopo il referendum «non ci sarà rissa partitica» nella coalizione di centrosinistra. «Ci siamo sempre impegnati a non mettere questi temi così profondi nella rissa partitica, e dobbiamo essere coerenti con la posizione etica che abbiamo preso. Non ci sono problemi e non ci devono essere, altrimenti vuol dire che abbiamo mentito agli italiani», afferma Prodi. Poi la bacchettata a Silvio Berlusconi: il premier, che ha rivendicato dopo il risultato elettorale che i moderati sono maggioranza nel Paese, «ha confuso il referendum su temi così profondi con le elezioni politiche, e questo non si deve fare». Oggi - rimarca il portavoce di Prodi, Riccardo Levi - è il momento della riflessione, «una riflessione che naturalmente deve essere guidata da Prodi, che è il leader della coalizione e che sente la responsabilità di dover trovare una soluzione». Due i punti cardini della soluzione: la massima unità della coalizione e la necessità di garantire il «governo forte» di cui l'Italia, «ormai allo sfascio» ha bisogno. L'invito di Silvio Berlusconi alla Margherita per lasciare la sua «collocazione innaturale» e costruire «con noi la casa comune dei moderati e dei riformisti», scatena reazioni dure e seccate in tutti i dirigenti Dl. Ma non sorprende il presidente dell'Assemblea federale Dl Arturo Parisi, che non si dice affatto stupito dall'invito arrivato da Berlusconi e critica il brindisi tra Rutelli e Marini dopo il mancato raggiungimento del quorum per il referendum sulla procreazione assistita: «Mi si consenta di dire che il partito che, brindando al trionfo degli astenuti, si siede furbescamente a cose fatte al tavolo dei vincitori, è ben lontano dal progetto della Margherita per l'Ulivo che fondammo nel 2002, il progetto per il quale continuiamo a batterci». Parisi si chiede dunque «perché meravigliarsi se, immaginando di aver condiviso la stessa vittoria, Berlusconi si azzarda ad invitare il mio partito a condividere una casa comune». Per i prodiani, insomma, le parole del premier fanno il paio con quelle di Tabacci e servono a dare argomenti a coloro che accusano Rutelli e la maggioranza di tentazioni neocentriste.

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