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«Ma quali valori, la gente non vota perché sfiduciata»

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Dopo la sconfitta del referendum il segretario dei Radicali Italiani Daniele Capezzone non crede alla storia della «riscoperta dei valori» da parte di chi si è astenuto ma crede che la gente sia «soltanto sfiduciata per la classe dirigente che si ritrova». «C'è una drammatica carenza di politici in entrambi gli schieramenti» dice e, quasi quasi, confessa di rimpiangere i tempi andati. Meglio la vecchia e logora Dc? «Almeno non cercava a tutti i costi il consenso della Curia. Va bene, io sarò pure il solito Radicale, ma alzi la mano chi pensa che la conferenza episcopale di qualunque altro Paese possa permettersi di dettare le priorità in Parlamento come succede da noi». Sta dicendo che siamo in piena «deriva clericale»? «Non credo che i cittadini italiani, pure se cattolici, si lascino strumentalizzare su questioni personali. La colpa è della nostra classe politica che oramai è completamente assoggettata al vero leader politico del momento: Ruini. Sono rimasto impressionato nel vederlo l'altra sera su tutte le televisioni proclamare la vittoria come fa un leader». Quindi quel 74% di italiani che non ha votato lo ha fatto seguendo le indicazioni della Chiesa? «No, un momento. Non si può mettere la stessa casacca agli indifferenti, agli sfiduciati o semplicemente a chi non è stato in grado di farsi un'idea su come votare. Fare di quel 74 per cento di astenuti un blocco compatto mi sembra francamente un'operazione arbitraria». Allora, secondo lei, perché c'è stato questo tasso di astenuti così alto? «Prima di tutto per la cattiva informazione. Basta guardare a quello che è successo in Francia con il referendum sul Trattato europeo per capire come una corretta campagna di informazione mobiliti i cittadini». Quindi non crede che chi ha deciso di non recarsi alle urne lo abbia fatto per difendere dei valori? «No, non penso. Più che le motivazioni degli astensionisti sono convinto che nelle persone abbia prevalso l'indifferenza, la sfiducia». Eppure chi si è speso per il non voto adesso esulta parlando di vittoria e pensa già ad un potenziale bacino di elettori per le prossime Politiche... «Si, magari come Berlusconi, che prima si è nascosto e adesso dice che quegli elettori sono tutti suoi. Ma andiamo. Il presidente del Consiglio mi sembra uno di quelli che mentre si gioca la partita tace, ma se la Nazionale vince tira fuori il bandierone per festeggiare. Lo stesso vale per Prodi che non si pronuncia su materie così delicate. Spero che nel programma del centrosinistra per le prossime elezioni ci siano delle risposte precise». Ma voi come vi collocherete nel 2006? «Noi non siamo disponibili ad accordi a prescindere. Sul lato del centrodestra condivido l'allarme della Prestigiacomo che dice di "vedere la casa, ma non la libertà". Sull'altro versante c'è un problema Prodi grosso come una casa. A noi non va bene che faccia "il pesce in barile"». Sareste disposti a stringere intese anche con chi pensa ad un partito unico? «In realtà io sono favorevole ad un sistema bipartitico sul modello anglosassone. Ricordiamoci però che il partito Repubblicano in America ha al suo interno anime diverse che si alternano grazie al meccanismo delle primarie. Quindi rimango sorpreso quando, ad esempio, sento proporre da Adornato e Bondi una casa "mono-valoriale" o "mono-culturale"». Pensa che l'esito di questo referendum porterà ad una riunificazione di tutti i cattolici che confluiranno in un grande centro? «Credo che la strategia di Ruini sia chiara. Se posso permettermi una battuta potrei dire che da oggi in avanti il cardinale farà ogni giorno una telefonata a Letta sul lato destro e una telefonata a Rutelli sul lato sinistro. Lo ripeto, il vero leader è lui».

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