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Metà della spesa alimentare va alla distribuzione

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Dei circa 451 euro al mese che ogni famiglia ha destinato agli acquisti di alimenti e bevande nel 2004, oltre la metà - per un valore di 230 euro (51%) - sono andati al commercio e ai servizi, 135 (30%) all'industria alimentare e solo 86 (19%) alle imprese agricole. È quanto afferma la Coldiretti tornando sulla delibera approvata dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per l'avvio di una indagine conoscitiva nel settore della distribuzione agroalimentare e l'effetto che questo ha sui prezzi finali applicati ai cittadini. Lo spaccato che ne esce è molto interessante e dà la misura dell'ammontare del ricarico sui prezzi finali per i consumatori. Mediamente i prezzi dal campo alla tavola - sottolinea la Coldiretti - aumentano di cinque volte, anche se con differenze nei vari settori: in un barattolo di passata il prezzo del pomodoro pagato all'agricoltore incide per circa il 9%, nella pasta quello del grano per appena il 7% e per il latte fresco una busta da un litro è esattamente il quadruplo del reale costo del prodotto che esce dalla stalla. I margini del commercio e dei servizi, secondo l'organizzazione, tendono poi a crescere anno dopo anno a scapito di quelli dell'industria e soprattutto dell'agricoltura. In sostanza il coltivatore sarebbe colui che avrebbe meno guadagnato dalla lievitazione dei prezzi. A dimostrarlo c'è il fatto che, nel 1991, su un euro speso dal consumatore, 30 centesimi finivano all'agricoltura, 28 all'industria e 42 al commercio, un valore che oggi è aumentato a 51 centesimi, mentre è sceso a 19 quello dell'agricoltura.

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