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La «scomparsa» di Fini, travolto dalle polemiche e dal suo partito che ormai non controlla più

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Lì, al posto di Enzo Cardi, Silvio Berlusconi ha voluto l'ex presidente e amministratore delegato di Eni appena disarcionato, peraltro brutalmente, per far posto al fedelissimo Paolo Scaroni, proveniente da Enel. E anche nel blitz energetico An è stata tenuta sostanzialmente all'oscuro di tutto, salvo apprendere il risultato della partita di scacchi quando ormai era già finita. Insomma, non è un gran momento per Gianfranco Fini. Il leader di an è stato travolto dal supergossip sulla sua presunta love story con il ministro per le Pari Opportunità, stefania prestigiacomo. «È rimasto travolto da una goccia di miele», ridacchiano dentro An, prendendo spunto dal dolce nomignolo che è stato appiccicato alla bionda rappresentante del governo. Fatto sta che proprio da quando è esploso il presunto caso, plurismentito dai diretti interessti, Fini si è appannato. È scomparso, si è quasi eclissato. Ha provato a riemergere con il blitz a Baghdad, ha provato a farsi rivedere all'assemblea di Confindustria. Ma è soprattutto dentro il suo partito che vive il momento peggiore. Ha chiesto lo scioglimento delle correnti, ma al momento solo quella più piccola, Destra sociale, ha obbedito. Le altre due, Destra Protagonista e Nuova Alleanza, ancora non hanno agito in questa direzione pur avendo annunciato che lo faranno. Il partito è in subbuglio soprattutto sui referendum e sullo smarrimento di linea che sembra emergere nelle ultime settimane. An non è più il partito di «Dio, Patria e Famiglia», non è più il partito del valori che appena veniva disegnato qualche mese fa. È in caduta libera di consensi e non solo nell'Italia centrale. E la distanza tra Fini e i suoi colonnnelli sembra enorme, tra il leader e la sua base pare abissale. Al punto che il capo della destra è stato di fatto costretto ad accettare quello che non avrebbe voluto fare: convocare gli organi dirigenti del partito. E ha messo in agenda l'assemblea nazionale di An per l'inizio di luglio. Ovvero a una data non troppo vicina al referendum, nella speranza che la riunione di inizio luglio non diventi un processo al leader. Anche se la base di An spera di avere chiarimenti su un altro punto all'ordine del giorno: il partito unico. E accanto alla cautela di chi preferirebbe tappe federative intermedie, si registra la sollecitazione ad accelerare da parte del viceministro delle Attività produttive, Adolfo Urso: «L'Assemblea nazionale del partito è il luogo giusto per far diventare An protagonista del progetto di un unico grande soggetto politico del centro destra. Così la strada del partito unico è più vicina». Urso vi vede l'approdo di una «navigazione iniziata nel '94 con il Polo delle libertà, divenuto poi Cdl e pronto a divenire il l'Alleanza delle Libertà» e la identifica come «la strada che ci viene indicata dagli elettori italiani che chiedono un bipolarismo sano e maturo e non la moltiplicazione di sigle». »A differenza di quanto sta accadendo nel centrosinistra - rileva l'esponente di An - dove oltre a non avere un programma di governo adesso non hanno più neanche una leadership, siamo consapevoli che è questo il momento del contrattacco, di lanciare una grande e affascinante proposta politica che chiami a raccolta l'Italia dei moderati e dei modernizzatori». E Ignazio La Russa frena: «Il partito unico rappresenta una prospettiva di un contenitore organizzativo nuovo per la Casa delle Libertà, che corrisponde alle esigenze degli elettori che ci chiedono una coalizione più unita, più coesa, che torni a vincere come ha cominciato a fare a Bolzano e a Catania». La Russa ha quindi precisato che non c'è molto tempo per decidere: «Credo che a settembre si debba prendere una decisione. Io dico che per la Casa delle Libertà è necessario costruire un contenitore stabile. Può essere il partito unico ma anche una federazione molto forte. Importante è che il centrodestra abbia una stabilità organizzativa. Unica

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