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Prodi lancia l'opa su Rutelli: «Serve unità»

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Il Professore frena la scissione della Margherita: meglio restare dentro e conquistare il partito

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Il mio è stato un atto volto non alla divisione ma all'unità, a una visione di lungo periodo, perchè il futuro eventuale governo resista ai momenti difficili»: Romano Prodi lancia questo messaggio da Rimini il giorno dopo lo strappo con la Margherita al vertice della «Fed» e manda un segnale distensivo invitando gli «ulivisti» autoconvocati a rinunciare alla manifestazione del 17 giugno. Un segnale subito accolto da uno degli ispiratori dell'iniziativa, il capogruppo dei Dl Willer Bordon; ma che non sembra servire a placare gli animi in un'altra giornata convulsa, fitta di contatti a tutti i livelli, che si concluderà a tarda notte dopo le difficili riunioni degli stati maggiori dei Ds e della Margherita, convocati da Fassino e Rutelli. Ma a riscaldare il clima ci pensa prima un tam tam girato in mattinata che dà la scissione dei «parisiani» dalla Margherita come certa, una questione solo di ore. Una ipotesi che produce una serie di smentite, da Parisi alla Magistrelli, giunte dopo una riunione degli «ulivisti» dei Dl ma che suonano un po' «pro-tempore»; soprattutto se collegate all'arma di un ricorso alle primarie se venisse discussa la leadership di Prodi, sfoderata da Parisi a Porta a Porta, insieme ad un reiterato invito alla maggioranza del partito a ripensarci. Nel day after del vertice della discordia, si fanno sentire anche i «pompiei» della Margherita, Rosy Bindi ed Enrico Letta, che vedono malgrado tutto segnali positivi rispetto a due giorni fa. Ma dalle dichiarazioni dei «rutelliani» scesi in campo, Carra («Non ci si piega all'arroganza delle minoranze»), Fistarol («L'Ulivo ridotto ad un feticcio per dotare il leader di un partito a sua immagine e somiglianza») e Vernetti («l'invito di Parisi a ripensarci andrebbe rivolto a Prodi»), questi buoni auspici non si colgono. «Quali toni distensivi? - domanda un "mariniano" - l'unica cosa sarebbe sentirgli dire che hanno sbagliato. Non solo non torniamo indietro, andiamo avanti e stasera diremo questo all'ufficio di presidenza con Parisi». Dall'entourage di Prodi ci si augura che prevalgano le ragioni dell'unità e si sottolinea il segnale distensivo di Prodi agli autoconvocati «ulivisti». «L'Unione - ribadisce il leader - ha bisogno di un nucleo portante, di un motore portante che è la Fed. È un disegno semplice e chiaro. Si tratta di un disegno apparentemente complicato ma di fatto molto semplice e chiaro». Ma in serata Franco Marini, uscendo dal vertice della Margherita, liquida così la faccenda: «La nostra è una decisione presa a larga maggioranza nell'assemblea federale. In quella sede si è deciso e andiamo avanti per quella strada». La strategia di Prodi dunque sembra essere sempre più chiara. A questo punto il Professore preferisce che i suoi rimangano dentro la Margherita e facciano in pratica quello che nel mondo della finanza si chiama «minoranza di blocco». In pratica, facciano una sorta di ostruzionismo, conducano la battaglia dall'interno e riconducano Rutelli sulla «retta via». Insomma, è partita un'operazione di logoramento al leader centrista. La prima mossa sarà l'isolamento, poi la rappresaglia quotidiana e infine l'assalto finale. Niente di diverso da quello che sta facendo Silvio Berlusconi con l'Udc, partito nel quale sta organizzando -di fatto - l'opposizione interna. In pratica, non è azzardato affermare, sempre prendendo a prestito termini del mopndo economico, l'opa )l'offerta pubblica di acquisto) di Prodi sulla Margherita.

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