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Prodi smonta la convention di Rutelli

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Il leader Dl ha organizzato una riunione di economisti. E Romano sta cercando di non farli andare

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Dispetto dopo dispetto. Francesco Rutelli organizza. Romano Prodi tenta di fare saltare. E fino al giorno precedente era accaduto il contrario. Sarà venerdì e sabato a Frascati, in una villa abituata ai convegni a porte chiuse, che Prodi cercherà con un pizzico di perfidia di picconare, rovinando la festa, uno degli eventi più rilevanti organizzati dal leader della Margherita insieme ai suoi principali collaboratori (primo fra tutti il bravissimo Roberto Pinza). Una piccola vendetta dopo il gran rifiuto dei Dl di sciogliersi e annullarsi nella creatura politica di Prodi, l'Unione. Da circa un mese Rutelli ha invitato per questo week end a porte chiuse, per discutere della situazione Italia 2006-2016, un centinaio fra i grandi cervelli dell'economia italiana ed internazionale. Da Tommaso Padoa Schioppa a Mario Monti, da Luigi Abete a Giovanni Bazoli, da Luca Cordero di Montezemolo ad Alberto Tripi, da Elio Catania a Stefano Micossi, da Alessandro Profumo a Corrado Passera. Fra i tanti, a dire il vero, era stato invitato anche Prodi. Con l'idea di partire venerdì con un dibattito squisitamente economico e chiudere sabato con una giornata più politica. Il leader del centrosinistra prima ha chiesto tempo per decidere. Poi, a rapporti già tesi con Rutelli ha detto di no. Senza per altro gettare nello scompiglio gli organizzatori. Ma Prodi non si è limitato a «dare buca». Vista la materia così affine alla sue esperienza, e i buoni rapporti che lo legano da anni con tutti quegli ospiti, si è messo al telefono per convincere buona parte dei partecipanti a rinunciare. Più di uno degli invitati ha ricevuto la telefonata dell'amico Romano: «Ma dài, cosa vai a Frascati? Sì, è a porte chiuse, però, sai... come al solito queste cose vengono fuori, i giornalisti ci ricamano su. Quello è un convegno di partito, quasi di corrente di uno schieramento. Poi nascono problemi. Guarda, neanche io ci vado...». E una dopo l'altra, con scuse dell'ultima settimana, sono iniziate le defezioni. Secondo il tam-tam nato nelle file prodiane almeno 10 grandi ospiti hanno improvvisamente avuto un impegno professionale a cui non era possibile rinunciare. Una piccola storia di mini-dispetti che si stanno svolgendo dietro le quinte. Apparentemente banali, e certamente ufficiosi. Ma più indicativi della liturgia ufficiale, che ovviamente recita dopo la guerra il doveroso messale di pace. Oggi, ad esempio, a Roma è in calendario il vertice della Fed. Una riunione che si preannuncia interlocutoria visto che ieri, fino a tarda sera, non si vedeva un terreno di mediazione possibile. I rutelliani e i mariniani, riuniti in esecutivo ieri senza gli esponenti «parisiani», hanno ribadito la loro linea, se possibile più dura di quanto emerga dalle interviste e dalle dichiarazioni. Una linea che suona così: Prodi deve riconoscere che non si fa più il listone, non deve mettere in discussione un voto democratico di un partito dell'Ulivo. Se pensa di alimentare stillicidi illudendosi che la Margherita ci ripensi, rischia grosso anche sulla tenuta della sua leadership. Prodi - dicono a Largo del Nazareno - deve tenere a bada i suoi, comportandosi da leader e spiegando a chi si lamenta che, pur essendo d'accordo con loro, deve rispettare la decisione assunta dai Dl.

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