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Partono i «Circoli delle libertà»

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Almeno per An. Mentre l'Unione inaugura la sua cabina di regia sul programma, dall'altra parte, il secondo partito della maggioranza accellera sull'idea di una federazione del centrodestra e dà vita al «Circolo delle libertà», primo passo verso quell'idea di una Casa comune dei moderati della Cdl lanciata da Silvio Berlusconi alla fine di aprile. Sostenitore convinto dell'iniziativa è l'esponente di An Adolfo Urso, viceministro alle attività produttive, che ieri, assieme al deputato forzista Ferdinando Adornato, ha presentato un comitato di venti giovani esponenti del mondo politico, sociale, culturale e imprenditoriale che coordineranno i «Circoli delle Libertà» in tutta Italia. «Dieci, cento, mille club» è l'auspicio di Urso che spera di bissare il successo ottenuto nel '94 dal Polo grazie alla nascita dei circoli di An e i club di Forza Italia . Gli obiettivi dei nuovi «Circoli» saranno tre: capire se i tempi per un partito unico sono maturi, quale identità debbano avere e quale percorso intraprendere. La novità più rilevante è che a dire la loro non saranno i leader dei partiti ma la gente comune, la società civile, a cui saranno aperti i dibattiti organizzati nelle sezioni locali che aderiranno all'iniziativa. Il primo dei Club, inaugurato ieri, avrà la sua sede presso l'Osservatorio Parlamentare di via del Seminario a Roma (l'istituto di cultura politica fondato da Urso nove anni fa) dove già ieri il presidente Federico Eichberg ha dato il via alle prime iscrizioni. Dal Polo alla Casa, dalla Casa al Partito delle libertà, dunque. L'evoluzione, per i sostenitori del progetto, è quasi naturale. L'obiettivo — come spiega Adornato — è un nuovo partito di governo «liberale, popolare, nazionale, riformista» che preservi il sistema bipolare. Il via libera arriva anche da una parte dell'Udc per bocca del capo gabinetto del ministro Buttiglione (assente giustificato per impegni con il Quirinale) Francesco Tufarelli, che svela che per il presidente dei centristi «i tempi sono maturi». Non tutti però sono convinti. Qualcuno dalla platea degli uditori dice: «Ma a che serve che noi stiamo qui a discutere se poi quelli là continuano a litigare?». Il riferimento è ai vertici dei partiti. Adolfo Urso non si tira indietro e fa un mea culpa: «Il partito comune — conclude — deve servire per far capire agli elettori che la lezione l'abbiamo imparata».

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