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Tutti li vogliono pochi si fidano

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I radicali restano il sogno proibito dei Poli che dal 1994 non riescono a stringere accordi politici con Marco Pannella. Già, perché i radicali non sono interessati a questa o a quella poltrona. Ma ai programmi. Tra odio e amore ecco cosa hanno detto alcuni esponenti del mondo politico. Il ministro dei rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi spiega che «c'è un'incompatibilità di fondo tra il nostro orientamento politico e quello dei radicali in ordine a questioni che sono fondamentali per stare insieme in politica con una forza di ispirazione cristiana». Tuttavia, nella Casa delle Libertà ci sono anche esponenti politici che sulle questioni che riguardano l'ispirazione cristiana hanno gli stessi principi dei radicali. Su questo argomento Giovanardi non vuole sentire ragioni: «Basta sintonizzarsi su Radio Radicale e sentire, così come è accaduto negli ultimi mesi, una sequela infinita di insulti nei confronti del Papa, della gerarchia, del mondo cattolico». Ma Giovanardi passa anche ai ricordi: «Ricordo benissimo che nel 1996 quando il Polo fece l'alleanza con i radicali, l'accordo fu decisivo per perdere le elezioni». E allora? Il ministro sottolinea che «diversamente da quanto potrebbe accadere con gli altri partiti, i radicali non portano alcun voto nell'alleanza. L'elettore radicale fa le battaglie radicali, ma non esiste una militanza. Se Pannella dice di votare per un candidato non è in grado di spostare dei voti». Ma se passiamo dalle parti di Berlusconi la musica cambia. Uno dei più stretti consiglieri del premier in materia economica, Renato Brunetta, spiega che «dal punto di vista economico e programmatico sono più le cose che uniscono di quelle che dividono. Soprattutto in economia. La loro concezione liberale e liberista penso possa essere compatibile con la visione di Forza Italia e con il programma della Casa delle Libertà». Ma quando gli ricordiamo delle obiezioni di Giovanardi, l'economista spiega che «su questi temi nella CdL c'è piena libertà di coscienza così come sulla legge sulla fecondazione assistita. Da noi non ci sono solo i cattolici, ci sono anche repubblicani, socialisti. Per questa ragione non vedo impedimenti». Un altro cattolico come il senatore Riccardo Pedrizzi di Alleanza nazionale non chiude la porta al dialogo: «Non sono pregiudizialmente contrario al confronto con i radicali. Mi chiedo a cosa sono disposti a rinunciare della loro concezione della vita. Personalmente penso che l'accordo può essere trovato a metà strada e mi chiedo a quali idee sono disposti a rinunciare. Noi guadagniamo il 2%, ma quanto perdiamo sul fronte cattolico?». Il capogruppo di An alla Camera Ignazio La Russa non alcun tipo di preclusione verso i radicali: «Ho sempre detto che questo è percorso che bisogna seguire con molta attenzione a cui io non sono pregiudizialmente contrario. Il problema non è tanto nostro quanto dei radicali. È ovvio che l'alleanza con noi significa che alcune delle loro battaglie troveranno grande accoglienza perché sono le nostre, mentre altre troveranno un ostracismo totale. Parliamone». Nell'altro schieramento gli estimatori non mancano. Peppino Caldarola, ex direttore dell'«Unità» e deputato diessino, mette i puntini sulle i: «Più che possibile ritengo l'alleanza con i radicali auspicabile». Ma cosa accadrebbe con i cattolici che stanno con l'ex radicale Rutelli? Il parlamentare della Quercia ricorda che «ci sono altre componenti laiche nella sinistra. Qualche problema è prevedibile. Ma non vedo un problema in più per questo». Il filosofo Massimo Cacciari è netto: «Mi è sempre sembrata innaturale non un'alleanza, ma solo una semplice intesa tra radicali e centrodestra. Non vedo cosa abbia in comune la storia radicale con liberismi scatenati e fondamentalismi di ogni genere. È naturale che i radicali si collochino a sinistra del centrosinistra come hanno sempre fatto». Uno che invece con i radicali non andrebbe neanche a prendere un caffè è Marco Rizzo eurodeputato del Pdci: «Oggi i radicali non sono

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