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La rabbia delle toghe: questa riforma ci umilia

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Il presidente del Tribunale di Roma Scotti ha annunciato la sua adesione allo sciopero di martedì

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Sono i sentimenti che hanno animato in Cassazione l'assemblea dei magistrati, il primo appuntamento di mobilitazione organizzato dall'Anm contro la riforma dell'ordinamento giudiziario. Una sorta di prova generale in vista dello sciopero di martedì prossimo. Diversi gli interventi che hanno scaldato la platea. Ma forse a riflettere meglio gli umori dei 200 magistrati giunti da tutta Italia, è stato il presidente del Tribunale di Roma Luigi Scotti, almeno a giudicare dagli applausi ricevuti quando ha annunciato la propria adesione allo sciopero («Perchè non ne posso più») e ha incitato i colleghi a fare altrettanto, a «ribellarsi». «La magistratura italiana è guardata con rispetto anche dagli altri Paesi», ha detto Scotti, e invece a scorrere «l'elenco dettagliato e ossessionante» degli illeciti disciplinari contenuti nella riforma, «sembra che siamo una massa di delinquenti e sfaticati. Io mi sento un magistrato onesto, circondato da colleghi onesti che ancora hanno i brividi quando vedono una persona in manette. Mediamente noi magistrati siamo così. Dobbiamo subire questo trattamento?». E ancora: descrivendo gli effetti della riforma, anche di quel sistema dei concorsi per fare carriera che porterà ogni magistrato a dedicare «almeno 150 giorni all'anno» allo studio, il presidente del tribunale di Roma ha rivolto un altro interrogativo alla platea: «si vogliono trasformare i magistrati in impiegati controllabili, asserviti a un padrone? Orgogliosamente dopo anni di onesto lavoro io dico: "mi ribello". Dobbiamo farlo assolutamente». Scotti se l'è presa anche con le condizioni di inefficienza in cui è lasciata la giustizia. Ha descritto la situazione del tribunale di Roma, dove non solo «mancano il toner e la carta per le fotocopie», persino «la carta igienica e due terzi dei bagni sono chiusi». Anche Antonio Patrono, leader di Magistratura Indipendente, la corrente più moderata, ha parlato di una riforma contro i magistrati: «Lo sciopero è giusto e inevitabile», ha affermato, di fronte ad una maggioranza che non solo «non ha voluto nemmeno affrontare il problema della durata eccezionale dei processi», facendo invece leggi «inutili, dannose e clamorosamente sbagliate», ma che ha anche additato i magistrati, «come i veri responsabili delle disfunzioni della giustizia». La battaglia non è persa, per Livio Pepino, presidente di Magistratura Democratica, che pure ha accusato la riforma di «ridurre l'indipendenza» di giudici e pm: «Questa partita si può e si deve vincere; la nostra non è solo una testimonianza» ha sostenuto convinto.

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