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Rifondazione ora detta le sue condizioni Giordano (Prc) all'Ulivo: «L'accordo? Rivediamo le leggi sul lavoro». Sì di Prodi al ritiro delle truppe

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Ma questo non vuol dire automaticamente che c'è un accordo sulla alternativa di governo». Franco Giordano, capogruppo di Rifondazione comunista, mette le mani avanti. «Attenzione - sottolinea subito - il voto sul ritiro delle truppe in Iraq e l'eventuale accordo con il centrosinistra sono due cose distinte». Frena, dunque, Giordano. Lui, capogruppo di Rifondazione comunista e uomo di punta dei bertinottiani nel forum dei parlamentari pacifisti (insomma, in queste settimane è stato una figura di snodo tra Ulivo e Prc), pesa le parole e spiega: «Quello che è successo in questi giorni dimostra che la politica, soprattutto quella della sinistra, è permeabile ai movimenti, alla pressione dell'opinione pubblica che proviene dall'esterno. Poi c'è il discorso di costruire un'alternativa di governo». Di certo, per ora Giordano si gode il successo di giovedì «frutto di un lavoro capillare di tutto il gruppo di Rifondazione». Sul resto, sull'accordo «possibile ma non automatico», Giordano (formidabile ala sguisciante sui campi di calcio) cerca di non spingersi oltre e si limita a una battuta: «Ogni giorno ha la sua pena». Poi aggiunge: «Ma è chiaro che il dialogo per noi deve partire dalle questioni economiche e sociali, a cominciare dalle politiche per il lavoro, la lotta alla flessibilità e della precarietà». D'altro canto, lo stesso Fausto Bertinotti modera i facili entusiasmi: «Le differenze manifestate dalle diverse posizioni all'interno delle forze di opposizione sottolineano un cammino non facile, ma per questo ancora più importante». Canta vittoria intanto tutta l'area pacifista e parapacifista. Achille Occhetto (Lista Di Pietro) considera il voto sull'Iraq una grande vittoria della nostra linea, volta a ricercare l'unità nella chiarezza programmatica e nella coerenza». Per il verde Paolo Cento il risultato politico del voto sull'Iraq è che ora il pacifismo non più marginale ma è diventato «forza di governo». Tanto che «la svolta della lista Prodi e di tutta l'opposizione, ora unita nella richiesta di ritiro, è positiva e condizionerà - secondo Cento - anche l'alleanza programmatica per il governo del Paese in vista del 2006». E il leader dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio, va oltre: «Ora propongo l'arcobaleno come simbolo del centrosinistra, un segno di pace, democrazia e multiculturalità per una coalizione pluralista in contrapposizione alle posizioni padronali e dittatoriali del centrodestra». E Prodi? Che cosa dice? Fa sapere di essere «preoccupato», ma il suo portavoce smentisce e avverte che non vi è stato «gelo» con la sua lista per quanto avvenuto in Parlamento. E Massimo D'Alema rivela: «Il documento con cui l'Ulivo ha fissato la propria posizione è stato approvato dal comitato nazionale alla presenza di Romano Prodi. Il documento si chiude con le parole che, nelle condizioni date, noi chiediamo il ritiro. Questo dispositivo è stato deciso con Prodi». Ma il presidente dei Ds poi sentenzia: «Sull'Iraq purtroppo ha vinto Berlusconi». F. D. O.

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