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«Questa sinistra è un pericolo per l'Italia»

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Gasparri: «Solo la Cdl può garantire stabilità e buon governo. Allarghiamoci a moderati e radicali»

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Mi sono preso un'ora di pausa». Lui, il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, torna subito serio e confessa: «Mi hanno impressionato quelle immagini degli incidenti alla manifestazione contro la guerra. L'aggressione a Fassino, gli spintoni, i tafferugli». Ministro, che cosa l'ha colpita in particolare? «Il fatto che i protagonisti della rissa sono alleati tra di loro». E allora? «Ma si rende conto? Questi sono alla rissa fisica. Sono andati oltre le parole, sono arrivati agli sputi in faccia, si prendono a botte per strada». Neanche la Casa delle Libertà sta messa meglio, o no? «Ma per piacere. Noi discutiamo, parliamo: cosa normalissima in una coalizione. Questi fanno a botte, tra di loro si chiamano "assassini" e "squadristi"». Sono anni che a sinistra si litiga. In fin dei conti è proprio una novità? «Ma a questo punto non s'era mai arrivato. C'è un altro aspetto che secondo me è davvero inquietante». Quale, ministro? «Che l'opposizione è arrivata alla rissa fisica stando all'opposizione. In una condizione cioè nella quale dovrebbe essere più facile andare d'accordo. Insomma, non stando al governo sono più i "no" da pronunciare che le proposte da fare. E così sono arrivati a prendersi a schiaffi tra loro. Figuariamoci cosa potrebbero fare al governo...». E quindi? «E quindi questa sinistra è un pericolo per l'Italia. Sono uniti solo nell'antiberlusconismo. Se vinceressero le elezioni, quanto resterebbero al governo? E soprattutto per fare che cosa? Qual è la loro proposta? Guardi, una cosa è certa: non si governa con l'odio». Comunque, in piazza c'era un milione di persone... «Secondo la questura ce ne erano 250mila. Ma non c'è dubbio il tema è certamente molto sentito. Dobbiamo però essere consapevoli che dall'11 settembre 2001 siamo in guerra. Non tutti se ne sono resi conto e mantengono una posizione ambigua, per non dire a tratti complice. Della parte sbagliata, ovviamente». Anche la Cdl non sta dando una grande immagine di se stessa? «Non mi sembra proprio. È un paragone che non regge. Stiamo cambiando l'Italia. Abbiamo fatto le riforme del lavoro, della scuola, dell'immigrazione. E ancora: quella istituzionale a cui stiamo per dare un nuovo impulso. E poi quella previdenziale, quella tecnologica e quella televisiva. Gli elettori comprendono che noi siamo la coalizione che garantisce stabilità e buon governo». Se il centrodestra litigasse di meno, potrebbe anche crescere? «E lo dice a me? Sono sempre stato un fautore dell'unità della coalizione. Ma credo che si sia effettivamente voltata pagina. Abbiamo ristabilito il principio della collegialità, la nostra unità è anche la nostra forza». E la collegialità tiene? «Tiene, ma bisogna anche completare il processo con i maggiori poteri al vicepresidente del Consiglio». Che An è quella che si presenta alle elezioni? «È un partito più vivace, come voleva Gianfranco Fini. E il coordinatore La Russa sta lavorando bene: alle elezioni ci presentiamo non solo con i risultati del governo ma anche come un partito propulsivo e propositivo. Il nostro problema è colmare il gap tra coloro che dicono che ci voteranno e quelli che effettivamente lo faranno. Vedremo» Ministro, lei lavora anche ad allargare il centrodestra anche ai radicali? «Raccolgo la provocazione di Marco Pannella. Accantoniamo le divergenze tra noi e loro: fecondazione assistita, legge sulla droga. Ricordo che esistono anche divergenze tra loro e l'Ulivo, in particolare con la Margherita. Mentre al contrario credo che vi siano molti punti in comune tra la Cdl e Pannella». Quali? «Sulla politica estera, per esempio. Condivido totalmente quanto detto da Emma Bonino: anche Francia e Germania devono andare in Iraq. Siamo molto in sintonia sulle riforme e sulla politica economica. E siamo d'accordo anche sul pluralismo dell'in

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