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«Abbiamo fatto le nostre proposte»

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«Occorre avere una idea chiara dei rapporti con le parti sociali — dice —, la democrazia si alimenta di un rapporto dialettico». E il sindacato, prosegue, che ha ripreso a camminare unito, è socialmente rappresentativo, a differenza dei movimenti che, sottolinea, ci sono, ma nascono e muoiono. Ribadito che «l'epoca dei collateralismi è finita» e che il sindacato è libero, Pezzotta sottolinea che l'assemblea del 10 marzo di tutti i delegati di Cgil, Cisl e Uil è stata importante non solo perché ha proclamato lo sciopero generale del 26 marzo, ma anche perché «le tre confederazioni sindacali hanno ripreso un cammino comune, non limitandosi a proclamare uno sciopero ma producendo una proposta sull'economia, la politica dei redditi, lo stato sociale». Quindi insiste sulla necessità di un cambiamento in politica economica e chiede al Governo un diverso impegno: «Abbiamo bisogno di sostenere salari e pensioni anche per far crescere la domanda interna. Non basta un intervento per il secondo figlio, una tantum. Quanto alla riforma delle pensioni, Pezzotta dice che non è equa perché «se il problema è la crescita del debito pubblico, allora lo si dica, ma in tal caso dobbiamo pagare tutti e non soltanto qualcuno». Al ministro Maroni, che non nomina esplicitamente, dice che il sindacato non fa scioperi inutili, e ricorda che le modifiche già ottenute alla delega previdenziale dimostrano che «la mobilitazione e la capacità del sindacato di stare in campo ha consentito di modificare un modello che se fosse passato nella sua integrità sarebbe stato peggiore di quello che si profila e sul quale resta la nostra contrarietà». D. T.

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