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Le banche fanno quadrato: serve il falso in bilancio

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«Nessun istituto di credito sapeva dei guai. Norme più strette per le false comunicazioni societarie»

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A partire da norme più strette per le false comunicazioni societarie. Rispondono così indirettamente anche alla richiesta che è arrivata ieri dal ministro del Welfare, Roberto Maroni, che ha chiesto agli istituti di impegnarsi per «chiudere questa pagina negativa per le imprese italiane». La sollecitazione di Maroni è arrivata nel corso di un incontro all'Abi: «Quello che è avvenuto - ha detto Maroni - pone una questione e cioè se sia responsabile il comportamento di una azienda che trasferisce sui clienti il rischio di impresa. Sono comunque certo che l'impegno delle banche consentirà di accertare le responsabilità e che si possa chiudere questa pagina negativa per le imprese italiane». «Confermo - ha affermato dal canto suo Maurizio Sella, presidente dell'Abi, al termine dell'audizione del pomeriggio riferendosi al crac Parmalat - che secondo me nessuna banca italiana sapeva». E ancora «Non abbiamo avuto nessun tipo di possibilità di capire». La difesa di Sella verso il sistema creditizio è partita dalle recenti modifiche normative e in particolare da quelle sul falso in bilancio: «La nuova disciplina del falso in bilancio è meno rigorosa che nel passato - ha detto - e può quindi costituire un deterrente non particolarmente efficace per scoraggiare comportamenti devianti». Secondo Sella, «sarebbe opportuno inasprire le pene previste per i reati di false comunicazioni sociali». Ma Sella ha evidenziato anche come i recenti crac difficilmente potevano essere previsti: «Le recenti crisi di impresa che hanno toccato il Paese vanno affrontate sulla base di un'analisi obiettiva: nascono da comportamenti gravi e fraudolenti, ma straordinari e non generalizzabili». Inoltre «il mercato finanziario non può vivere senza informazioni societarie affidabili. È come l'aria nei polmoni». L'aria» a cui fa riferimento Sella dipende però da chi produce le informazioni e deve essere sottoposto a «norme più stringenti». Si tratta di «dirigenti, amministratori delle imprese, e chi le controlla, i comitati di Audit, i sindaci, i revisori e gli analisti finanziari». Viceversa, secondo Sella, per evitare di incappare in default societari è necessario affidare i propri risparmi ai professionisti. «L'Italia - afferma - deve completare un fondamentale passaggio: un'ulteriore trasformazione degli investimenti "fai da te" in investimenti affidati ai professionisti della gestione». Questo anche perché, «ad esempio, l'abitudine radicata da parte delle famiglie italiane di investire in titoli di debito ha fatto perdere la percezione del rischio che l'emittente di un titolo obbligazionario possa non adempiere ai propri obblighi contrattuali». Sella ricorda inoltre a chi investe che «l'inevitabilità di qualche fallimento può trovare risposta solo in una strategia di diversificazione». Commentando l'audizione, il presidente della commissione Finanze e Tesoro del Senato, Riccardo Pedrizzi (An), ha detto di «concordare con l'analisi di Sella». «Però - puntualizza - per porre fine al clima da caccia alle streghe, per dire no al giustizialismo, per impedire che si spari nel mucchio e si faccia di tutta l'erba un fascio, con il populismo e la demagogia giacobini, bisogna evitare una difesa indiscriminata di tutto il sistema bancario, perchè se si difendono tutti è ovvio che poi si autorizza ad attaccare tutti».

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