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E Silvio piega l'ex rais Gheddafi

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È su questa premessa che il presidente del Consiglio volerà martedì prossimo in Libia - primo tra i leader occidentali dopo l'annuncio di Gheddafi di aver iniziato a smantellare il proprio arsenale a lunga gittata - per un secondo faccia a faccia con il colonnello. Grande è, in questi giorni, l'interesse degli Stati Uniti per capire se la svolta occidentale del leader libico è reale o si tratta di una delle tante piroette compiute dallo scaltro Gheddafi negli anni. Certo è che la collocazione geo-politica della Libia è essenziale anche per Washington e se l'apertura fosse reale il Mediterraneo diventerebbe più sicuro per l'Occidente. Sono tanti i temi in agenda: prevedibilmente faranno la parte del leone la spinosa questione del risarcimento che la Libia chiede da decenni per i danni causati dall'Italia durante il periodo coloniale, la tragedia dell'emigrazione clandestina che spesso passa attraverso le coste libiche ed anche la questione energetica, visto che già oggi l'Italia dipende al 25 per cento dal petrolio libico. Il premier italiano andò a Tripoli già il 28 ottobre del 2002 per una visita che egli stesso definì «essenziale» per «mettere una pietra sulle incomprensioni del passato» e «guardare al futuro». Il riferimento di Berlusconi era essenzialmente dedicato alle richieste di Gheddafi di ottenere un risarcimento finanziario per i danni provocati dall'invasione italiana e delle tante mutilazioni provocate nella popolazione dalle mine lasciate dagli italiani.

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