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«Parlamentini», l'Udc pronto a votare no

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Il presidente della Cei, Ruini ammonisce: «Si facciano ma senza lacerare il Paese»

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Non si sa se la previsione di uno dei colonnelli di Gianfranco Fini si rivelerà poi esatta o se Umberto Bossi riuscirà a imporre agli alleati quella che oggi ha definito «una prima realizzazione del sogno risorgimentale dell'unità nella diversità». Ciò che al momento appare evidente è che le assemblee sovraregionali con funzioni consultive sul Senato delle Regioni, (più agilmente ribattezzate «parlamentini» del sud, del centro ma soprattutto del nord) hanno aperto nella Casa delle Libertà già divisa dalla verifica un nuovo casus belli. Mentre arriva l'altolà del cardinale Camillo Ruini a quelle riforme che mettano in discussione l'unità nazionale («Si facciano senza lacerazioni»), il segretario dell'Udc Marco Follini dice chiaro e tondo che «il Parlamento del Nord non c'è nel programma elettorale della Casa delle Libertà, non c'è nella bozza di Lorenzago, non c'è e non ci sarà. Punto». E anche Gianfranco Fini è apparso irremovibile sulla faccenda a tutti quelli che lo hanno visto o sentito ieri. Tanto che dopo un lungo incontro con Domenico Nania, capogruppo dei senatori di An e «saggio» di Lorenzago, esce proprio da Palazzo Chigi una nota in cui Nania conferma l'impegno assunto sulle riforme e segnatamente sulla devolution, chiarendo che però questo «ottimo punto di equilibrio non si dovrà stravolgere con fantasiose fughe in avanti quali assemblee superregionali o ulteriori riduzioni dei poteri del premier». «Se An e Udc giocheranno d'azzardo fino in fondo e faranno mancare in Parlamento il loro voto sulla riforma federalista e sulle assemblee consultive delle Regioni, tradiranno un patto sottoscritto e la reazione della Lega sarà estremamente dura», mostra i muscoli il Carroccio con il capogruppo alla Camera Alessandro Cè. E Bossi aggiunge: «Siamo nelle mani di Berlusconi». Ma oggi, nelle assemblee dei gruppi di An e Udc al Senato (non casualmente convocate in identico orario), il no già scontato dei partiti di Fini e Follini al parlamentino del Nord potrebbe assumere forma di emendamento alla riforma costituzionale in discussione da giovedì nell'Aula del Senato. Fini non vuole l'intreccio tra queste vicende e la verifica. Proprio per questo ieri una serie di esponenti di vertice del partito, da Alemanno a Fiori, hanno sottolineato che la verifica di governo dovrà avere tempi brevi, confermando l'ipotesi dell'appoggio esterno in caso di esito negativo. Il vice presidente della Camera Publio Fiori si è spinto in pratica fino a dire che se la Lega non recederà dai suoi propositi sui parlamentini sovra-regionali dalla «portata eversiva», sarà la crisi. Perché a questo punto neppure di appoggio esterno si potrebbe più parlare, perchè si andrebbe «in rotta di collisione con il principio dell'unità nazionale, irrinunciabile posizione politica per An». La Lega però non demorde, mentre Forza Italia cerca di gettare un po' d'acqua sul fuoco.

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