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MILANO — Troppe cose ancora da chiarire.

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Il nuovo no alla scarcerazione, dopo quello del Gip Guido Piffer, è ieri venuto dai giudici del Tribunale del riesame di Milano, che parlano di una ricostruzione «molto poco chiara» su «un così grave episodio di aggiotaggio», in relazione a tutte quelle false comunicazioni riguardo una solidità del gruppo che si era invece persa nel tempo, come anche quei 3,95 miliardi di euro presso Bank of America risultati inesistenti. «Assolutamente oscuro» rimane il fronte esterno a Parmalat mentre, per i giudici, «risulta incomprensibile come una serie di manipolazioni e di falsi possano essere stati realizzati senza alcuna percezione da parte degli organismi di controllo». Da scavare, inoltre, anche negli «accordi intercorsi» tra il patron di Collecchio e i revisori dei conti che curarono il «sistema Bonlat». Tanzi ha fatto delle ammissioni, ma non tali da far capire di aver maturato una «scelta di campo radicale» circa la sua collaborazione. Per i giudici le esigenze cautelari ci sono tutte e tre: pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato.

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