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La Consulta boccia lo «scudo anti-processi»

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La legge sospendeva i procedimenti penali contro le cinque più alte cariche dello Stato

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Il Lodo Schifani ha diviso i giudici della Corte Costituzionale. La bocciatura totale della norma che sospende i processi penali a carico delle cinque più alte cariche dello Stato (art. 1 della legge 140 del 2003), tra l'altro firmata dal Presidente Ciampi dal momento che gli uffici giuridici del Quirinale non avevano evidenziato rischi di incostituzionalità, è arrivata dopo tre camere di consiglio, e dopo diverse sospensioni per dare modo ai giudici di riflettere su soluzioni alternative più morbide rispetto a una incostituzionalità in toto del Lodo. Alla fine, però, i giudici hanno votato. E la decisione di certo non è stata adottata all'unanimità. Alcune indiscrezioni parlano di dieci voti a favore e cinque contrari. A tentare di far passare la linea della bocciatura parziale della norma sarebbero stati fino all'ultimo i giudici più vicini al centro-destra. Ieri mattina però il giudice relatore, Francesco Amirante, avrebbe distribuito ai colleghi una bozza con indicati i parametri in base ai quali dichiarare illegittimo il Lodo: l'art. 3 della Costituzione (tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge) e art. 24 (la difesa è un diritto inviolabile). Su questo si è votato. In molti fanno però notare che ora bisognerà attendere le motivazioni della decisione: Amirante sarebbe partito per Napoli dove in questi giorni stenderà la sentenza che verrà letta, discussa e votata all'inizio della prossima settimana (comunque non oltre il 23 gennaio, quando scade il mandato alla Consulta del presidente della Corte Costituzionale Riccardo Chieppa). Senza dubbio l'effetto della decisione è deflagrante innanzitutto perchè la conseguenza più immediata sarà la ripresa del processo stralcio Sme in cui è imputato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Inizialmente, infatti si era parlato di una bocciatura totale del Lodo per illegittimità della fonte (art. 138 della Costituzione), vale a dire che per modificare le prerogative delle cinque alte cariche dello Stato sarebbe stata necessaria una legge costituzionale e non ordinaria. Invece i giudici della Consulta hanno fatto riferimento ad altri due parametri (art. 3 e art 24, appunto), sempre per bocciare in toto il Lodo. Solo leggendo la sentenza si capirà come la Consulta abbia inteso il Lodo, se come una sospensione del processo, o come una vera e propria immunità, soprattutto perchè non avrebbe un limite temporale. Secondo alcune indiscrezioni, le motivazioni potrebbero contenere l'indicazione che dal punto di vista formale il Lodo Schifani si presenterebbe come una sospensione del processo, ma che sostanzialmente sarebbe una integrazione delle immunità del presidente della Repubblica (art. 90 della Costituzione), e del premier (art. 96, che però riguarda unicamente i reati commessi nell'esercizio della sua funzione). Leggendo attentamente le motivazioni - fanno notare alcuni - si potrà comprendere se la Consulta, seppure abbia bocciato il Lodo, possa aver lasciato o meno margini a una ipotetica riproposizione in Parlamento di un'altra legge ordinaria che sospenda i processi nei confronti delle più alte cariche dello Stato. Quello che è certo è che il Lodo, secondo la Consulta, è illegittimo perchè viola due dei nove articoli cui ha fatto riferimento il Tribunale di Milano: l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, e la tutela dei diritti della persona offesa dal reato che si è costituita parte civile nel processo penale sospeso. La terza delle decisioni prese in camera di consiglio era già annunciata da tempo: il referendum abrogativo sul Lodo Schifani promosso da Di Pietro è stato dichiarato ammissibile. Ma nonostante questo via libera, appare scontato che il referendum non si terrà perché non c'è più la legge. Questo, però, lo deciderà la Cassazione giudicando sui presupposti.

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