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Il 17 giudici e pm indosseranno le toghe nere. Il disegno di legge in dirittura d'arrivo al Senato

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È infatti pronta a decollare la clamorosa iniziativa degli avvocati che, per la prima volta, non parteciperanno alla solenne cerimonia che si tiene in Cassazione alla presenza delle più alte cariche dello Stato. Lo stesso copione sarà replicato il 17, in occasione delle cerimonie nelle 26 Corti d'appello, quando scatterà anche la protesta organizzata dall'Associazione nazionale magistrati: giudici e pm torneranno a indossare le toghe nere, come già fecero due anni fa; e in alcune sedi potrebbero persino abbandonare l'aula, quando prenderà la parola il rappresentante del ministero della Giustizia. Ma sono in programma anche forme di contestazione più dure: il 16 gennaio i penalisti torneranno a incrociare le braccia contro la riforma dell'ordinamento giudiziario, perché non introduce la separazione delle carriere in magistratura. E i magistrati si apprestano a fare altrettanto contro lo stesso provvedimento legislativo: potrebbero convocare uno sciopero in occasione del congresso dell'Associazione nazionale magistrati, che si terrà dal 5 all'8 febbraio a Venezia. La protesta di oggi degli avvocati - simboleggiata da due poltrone vuote nell'emiciclo dell'aula magna della Cassazione, quelle del presidente del Consiglio nazionale forense, Remo Danovi, e del leader dell'Unione delle Camere penali, Ettore Randazzo - ha nel mirino la natura stessa della cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario. Gli avvocati contestano che si dia esclusivamente la parola al procuratore generale, rappresentante dell'accusa, ledendo così, sostengono, la stessa dignità di chi rappresenta la difesa. I magistrati invece torneranno ad indossare le toghe nere per protestare contro la riforma dell'ordinamento giudiziario, accusato di mettere a rischio la loro indipendenza, e contro le condizioni di inefficienza in cui è tenuto il servizio giustizia. Mentre nelle aule giudiziarie soffia la bufera, sta per tagliare il traguardo il disegno di legge di delega al governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario. Per il ministro Castelli, che l'ha firmato, è «un provvedimento moderno» e risolutivo. Per l'opposizione e una larga parte della magistratura si tratta invece di «un salto indietro nel tempo». Comunque sia, dopo quasi due anni di discussione il disegno di legge è in dirittura d'arrivo. Alla ripresa dei lavori, tra una decina di giorni, il Senato ha infatti in calendario l'esame degli ultimi articoli del provvedimento. La maggioranza prevede l'approvazione entro gennaio senza grandi intoppi, mentre l'opposizione è pronta a scatenarsi. A dicembre Palazzo Madama ha fatto in tempo ad approvare una parte della riforma: gli articoli 1, 2, 3, 4, e 6. L'iter non è stato privo di ostacoli per differenze di vedute emerse anche all'interno della maggioranza. E tra i punti della riforma ancora da esaminare ci sono proprio quelli che hanno creato più divisioni nella CdL con contrapposizioni fra Castelli e l'Udc, come l'articolo 7 sui provvedimenti disciplinari a carico dei magistrati e sulla loro iscrizione a partiti o associazioni.

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