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Costituzione Ue, accordo alto o è crisi Divergenze tra Prodi e Berlusconi. Il premier: un miracolo chiudere la Cig sotto la presidenza italiana

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Nei giorni scorsi si erano percepiti diversi indizi di una crescente disponibilità al negoziato tra la Spagna e la presidenza italiana dell'Ue sul futuro metodo di votazione al Consiglio, ossia sulla principale delle poche questioni tuttora controverse che stanno ostacolando l'adozione della Carta costituzionale. Nonostante la fermezza ufficiale di Spagna e Polonia in difesa della ponderazione dei voti stabilita tre anni fa a Nizza, Madrid aveva lasciato capire di poter negoziare sul metodo della doppia maggioranza (50% degli Stati e 60% della popolazione europea), già accettato dagli altri Paesi attuali e futuri dell'Ue. Ieri, però, Silvio Berlusconi ha ripetutamente riconosciuto che potrebbe non scaturirne quell'accordo unanime necessario per il varo della Carta e che, di conseguenza, i 25 capi di Stato o di governo europei debbano proseguire i loro negoziati nei prossimi mesi. «Non so dire - ha confessato Berlusconi - quante probabilità reali ci siano per poter arrivare a un accordo. Capisco le posizioni di Spagna e Polonia, che avevano raggiunto con il trattato di Nizza un ruolo di prestigio, con 27 voti ponderati contro i 29 dei grandi Paesi e che ora hanno molta difficoltà ad accettare il venir meno di questo privilegio, soprattutto nei confronti delle loro opinioni pubbliche. Occorre una soluzione che dia loro uno status di Paesi grandi». Il presidente del Consiglio ha, in effetti, indicato quello che probabilmente è il maggiore problema per cui Spagna e Polonia esitano ad accettare la «doppia maggioranza». Una realistica soluzione negoziale potrebbe, in realtà, consistere nell'aumentare al 66% la componente demografica della doppia maggioranza. È significativo che su questa soluzione abbia scommesso il portavoce della rappresentanza diplomatica spagnola presso l'Ue. Un tale aumento del quorum di popolazione è, tuttavia, stato definito «inaccetabile» da Prodi. «La Commissione - ha precisato - non potrà sostenere alcuna proposta che renda più difficile il processo decisionale dell'Unione». Prodi ha, quindi, ipotizzato un fallimento di questo vertice in caso di un accordo di cattiva qualità. «Se ci sarà un accordo - ha, d'altronde, avvertito anche Berlusconi - sarà un accordo alto». La presidenza italiana ha, del resto, sempre chiarito di non voler accettare «un accordo al ribasso». Benché sia probabilmente decisiva, la questione del metodo di voto non è l'unica ancora aperta nelle trattative per la Costituzione. Il ministro degli Esteri britannico, Straw, ha ammonito ieri che «ci sono ancora molti difficili negoziati irrisolti». A questo proposito Straw ha indicato la politica estera e quella di difesa, su cui il capo della diplomazia italiana Frattini ieri stesso aveva invece dichiarato i negoziati conclusi. Il premier britannico Blair ha perfino rimesso in discussione le limitate competenze fiscali dell'Ue. Altre sollecitazioni specifiche per il testo definitivo della Costituzione sono state fatte ieri da Prodi (per il «governo dell'economia europea» e per un ruolo della Corte di Giustizia comunitaria nel Patto di stabilità) e perfino dal Papa. Spezzando ancora una volta una lancia per la citazione delle «radici cristiane» nel Preambolo della Costituzione, Giovanni Paolo II ha chiesto che «l'Europa non sia solo economia e politica, ma anche umanesimo e spiritualità». La complessità del negoziato ha indotto Berlusconi ad ammettere che« sarebbe un miracolo chiudere sotto la Cig».

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