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«Andiamo avanti con le privatizzazioni»

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Il vicepremier: «Non c'è contrapposizione tra mercato e solidarietà sociale»

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«Il primo punto fermo è che non può esistere una contrapposizione netta fra l'efficienza del mercato e l'esigenza di una effettiva solidarietà sociale. Un mercato vero, se ha regole chiare e comportamenti corretti, crea maggiore ricchezza e, quindi, dà l'opportunità di una maggiore e migliore redistribuzione del reddito. Nello stesso tempo, una maggiore giustizia sociale, riducendo gli spazi di povertà ma anche quelli di incertezza sul futuro, crea attraverso la stabilità e la propensione ai consumi le condizioni per uno sviluppo economico più solido e duraturo. Il rischio di degenerazioni c'è e lo abbiamo toccato con mano anche nel recente passato. In nome del mercato, sono state fatte le cosiddette privatizzazioni affidando un colosso fino ad allora pubblico come la Telecom a un "nocciolino duro" di pochi e selezionati azionisti con l'effetto di lasciare la porta aperta a una troppo facile scalata da parte di un altro gruppo privato». «Le privatizzazioni (di cui sono e resto un convinto sostenitore) - insiste Fini - devono essere un cambiamento in cui il controllo dell'azienda passa effettivamente ai privati e al monopolio pubblico si sostituisce una pluralità di operatori in aperta e trasparente concorrenza tra loro». E ancora: «Sulle pensioni, per esempio, non si può non tenere conto sia delle ragioni degli anziani che vogliono sicurezza sul proprio futuro immediato, sia di quelle dei giovani che entrano ora nel mondo del lavoro. Certo, il sacrosanto diritto dei lavoratori di ricorrere allo sciopero come strumento per far valere le proprie ragioni è parte integrante di un mercato moderno. Ma deve esserci un limite anche morale a che questo diritto non si trasformi in prevaricazione verso i cittadini utenti. E, allora, un sindacato moderno deve sapersi dare coerenti norme di autoregolamentazione e uno Stato moderno deve comunque definire una cornice chiara e certa di regole che garantiscano il diritto di sciopero ma anche il diritto di tutti i cittadini a non essere vessati da interruzioni improvvise e selvagge dei servizi». Inoltre secondo il vicepremier «una saggia interpretazione dei vincoli del Patto di stabilità deve indurci non semplicemente a ratificare a posteriori gli eventuali sfondamenti di deficit già avvenuti nè tantomeno a interpretare valutazioni di buon senso come il segnale dello sciogliete le righe o il dividendo di un effimero passaporto verso la spesa facile. Occorre invece definire a priori la destinazione delle risorse e finalizzare un più ragionevole processo di contenimento del deficit verso azioni strutturali quali il miglioramento delle tecnologie, il rafforzamento della ricerca e della formazione, il migliore posizionamento competitivo, la modernizzazione di tutte le reti infrastrutturali, l'ottimizzazione della spesa sociale per la sanità e per il welfare, la riduzione della pressione fiscale». Quindi «non si tratta quindi di una rigida contrapposizione istituzionale tra Ecofin e Commissione».

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