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ALDO DI LELLO

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Ritengo comunque che il dibattito odierno ci consenta di trarre una importante lezione: le solenni parole pronunciate dal leader di An a Gerusalemme forniscono un contributo fondamentale per la trasformazione della democrazia italiana in una democrazia, nel senso di un sistema che non è più alterato dall'abuso politico della storia e da quella sorta di "guerra civile", fortunatamente solo simbolica e verbale, che sopravvive ancora nel frequente ricorso alla delegittimazione reciproca tra avversari. Ritengo che il primo e più rilevante effetto consista nel fatto che ora spetta alla sinistra dissolvere le proprie ambiguità. Non intendo certo dire che i Ds non abbiano fatto i loro conti con la storia e che non siano una sinistra democratica. Ci devono però spiegare perché Quercia e Margherita cerchino l'alleanza politico-elettorale con bertinottiani e cossuttiani, con forze cioè che si dicono ancora comuniste e che portano in piazza la bandiera rossa con la falce e martello. I neo e veterocomunisti attingono ancora al serbatoio mitico-simbolico di una delle memorie più tragiche e sanguinose del '900. Né mi si venga a dire che i comunisti del vecchio Pci erano comunisti "speciali" e "diversi". Saranno anche stati più evoluti dei loro compagni francesi, ma ciò non ha impedito loro di accettare il sostegno che veniva da Mosca. E vale la pena ricordare che il Pci ha continuato, fino alla fine, a sostenere la politiche estera sovietica. Basta soltanto pensare al caso degli euromissili, agli inizi degli anni Ottanta, quando il Pci appoggiò la più insidiosa delle strategie pensate dal Cremlino. E dire che proprio in quei mesi Berlinguer aveva compiuto il famoso "strappo" da Mosca. Perché mi sono dilungato tanto sulla sinistra? Perché ritengo che alla destra non appartenga il vizio della doppiezza morale. Quello che la destra dice corrisponde a quello che la destra pensa. Non è solo un fatto di stile, ma una questione di etica e di cultura politica» Capo Cultura del Secolo d'Italia.

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