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Le sinistre incalzano: An rinunci alla fiamma

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È una lode sostanzialmente «bipartisan» quella del mondo politico alla visita del leader di An in Israele, anche se sulla portata di questo evento il centrosinistra si divide. Se i Verdi e il Pdci ridimensionano, se non addirittura criticano l'iniziativa del Vicepremier, Rutelli, Chiti e Boselli, cioè gli esponenti della futura lista riformista, apprezzano Fini, ma lo invitano a essere coerente con quanto affermato oggi e togliere dal simbolo del suo partito la fiamma del vecchio Msi. Ad Alfonso Pecoraro Scanio appare «incredibile che si debba considerare un evento importante riconoscere che il fascismo ha emanato le leggi razziali». «Ciò dimostra - sostiene il leader dei Verdi - quanti passi avanti debba ancora fare il nostro Paese. Prendo però atto che un'evoluzione c'è stata: si danno nome e cognome a quelli che sono stati vent'anni di dittatura in questo Paese». Il Pdci critica senza mezze misure l'incontro tra Fini e Sharon definito «grave e patetico». Di tutt'altro tono le valutazioni dell'Udc. Il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, commenta: «Gianfranco Fini con il suo viaggio in Israele completa un lungo cammino condotto con onestà intellettuale e personale». Per il segretario Marco Follini, questo viaggio «è l'ultima tappa di un lungo percorso e che quel percorso arrivi oggi a compimento è un merito di Fini ed è un successo di tutta la democrazia italiana». Coro di consensi prevedibili da parte del partito del vicepremier. Per il capogruppo a Montecitorio Gianfranco Anedda «An vince la guerra delle parole» facendo giustizia di «tanta disinformazione che la rappresenta ancora ricettacolo di razzismo e di fascismo». Un coro di consensi da cui si distingue leggermente Francesco Storace, secondo cui «Fini ha detto cose impegnative sulle quali la riflessione va fatta a mente fredda». Ma la prudenza del governatore del Lazio non riguarda affatto le relazioni con Israele, tanto che lui stesso ricorda di aver preceduto Fini in questo viaggio: «Posso solo immaginare - afferma - per averla vissuta tre anni fa, l'emozione provata da Fini davanti al Museo dell'Olocausto». Ma è proprio sulla reale adesione di Alleanza Nazionale alle tesi del suo leader, non ultime quelle drastiche sul fascismo ribadite oggi, che una parte dell'opposizione nutre i maggiori dubbi: «Fini - dice Pietro Folena della Quercia - non deve convincere noi con il suo giudizio, bensì il partito che presiede». Ed è per questo che Francesco Rutelli (Dl), Enrico Boselli (Sdi) e Vannino Chiti (Ds) chiedono che seguano «atti coerenti» e che quindi venga tolta la Fiamma del vecchio Msi dal simbolo di An. Secondo Chiti, «se le parole di Fini diventano patrimonio di tutta An sono incompatibili con un simbolo che mantiene la fiamma del Msi. Discontinuità esige che si compia la svolta anche nel modo di rappresentarsi. Altrimenti dovremmo registrare una doppiezza». Richiesta che viene bocciata da Alberto Arrighi di An: «La sinistra, dimostrando per l'ennesima volta arroganza e immaturità politica - osserva in una nota - banalizza un passaggio politico di primo piano riducendosi a fare bassa polemica relativamente al simbolo del nostro partito».

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