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«La Boccassini fa politica». Il caso al Csm La Cdl stringe i tempi sulla riforma. Forza Italia pronta al dialogo

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A due giorni dalla sentenza del processo Sme Cesare Previti torna all'attacco contro «i giudici politicizzati» e chiede alla maggioranza di «fare le riforme, nell'interesse di tutti i cittadini». E pure il presidente del Senato Marcello Pera auspica «un confronto sulla riforma» da oggi all'esame dell'aula di Palazzo Madama. Ma alla vigilia a far riesplodere le polemiche sui giudici è l'intervista a «Repubblica» in cui il pm Ilda Boccassini dice senza mezzi termini che «le riforme sono nelle mani di chi ha corrotto quei giudici». Nelle parole della sua grande accusatrice l'ex ministro della Difesa vede un preciso attacco al premier Silvio Berlusconi. E una conferma «palmare» alla tesi che sostiene da anni: «la Boccassini fa politica, il processo è stato politico, ed è stato usato per frenare le riforme sulla giustizia». Quindi anche il Csm dovrebbe intervenire. E il pubblico ministero di Milano torna nella bufera. Pure An chiede l'intervento di Palazzo dei marescialli nei suoi confronti e non è escluso che l'organo di autogoverno dei giudici possa pronunciarsi sulle dichiarazioni «inopportune» del magistrato. I membri laici del Polo decideranno oggi se chiedere al Consiglio superiore della magistratura l'apertura di una pratica disciplinare a carico del pm. Ma Magistratura Democratica, dice Cesare Salvi, promette di «tutelare i magistrati onesti e corretti». L'appello di Previti alla Cdl non cade nel vuoto. Sulla riforma della giustizia la maggioranza vuole stringere i tempi. Con il processo Sme alle spalle il dialogo potrebbe essere più sereno. Lo auspica il leader dell'Udc Marco Follini ed è disponibile al confronto con l'Ulivo anche Forza Italia, ma ad una condizione - dice il presidente dei senatori Renato Schifani - che «le richieste dell'opposizione non siano strumentali, demagogiche e ostruzionistiche, ma animate dalla volontà di rifiutare gli integralismi e di migliorare la macchina giudiziaria». Ma il Guardasigilli Roberto Castelli teme addirittura «pugnalate alle spalle» proprio degli alleati. Sull'urgenza di «fare le riforme» è d'accordo con il Polo il presidente del Senato. Dopo la sentenza di Milano Marcello Pera ribadisce quello che disse dopo l'assoluzione di Andreotti: «Chiudiamo un decennio tribolato nei rapporti tra politica e magistratura». Oggi in un clima teso il contestato ddl sull'ordinamento giudiziario approda nell'aula di Palazzo Madama, e il primo sponsor sembra proprio Pera. «È un'ottima riforma organica», osserva il presidente del Senato, ma «deve essere presa in seria considerazione da tutte le parti dello schieramento perchè è un'opportunità di innovazione nell'ordinamento dei nostri magistrati». Il presidente della Commissione giustizia della Camera, l'azzurro Gaetano Pecorella, auspica che «possa essere varata prima della fine del 2004». A patto però che la maggioranza dia prova di «grande compattezza e senso di responsabilità». Già. Ma le divergenze nella Casa delle Libertà sui punti chiave della riforma non sarebbero del tutto appianate. Soprattutto a proposito della separazione delle carriere e degli illeciti disciplinari dei magistrati. Su quest'ultimo punto il presidente della Commissione giustizia del Senato Antonino Caruso (An) annuncia ritocchi, ma poi lui stesso ammette che «la sostanza non cambia». In aula dunque il cammino della riforma, attesa dal '42, sarà travagliato. Dopo la bocciatura del Tribunale dei Minori il governo non vuole rischiare il bis. E l'Ulivo si prepara a dar battaglia. «Cominciamo con l'abrogare le leggi ad personam», ha già detto il dalemiano Caldarola. E dura è pure la responsabile giustizia dei Ds Anna Finocchiaro: «La riforma è impresentabile. Da una maggioranza allo sbando sulla giustizia non potevamo aspettarci di meglio». E Rizzo dei Comunisti italiani: «Più che una riforma sembra un desiderio di vendetta».

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