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Fini: «Infami le leggi razziali del fascismo» Per il presidente di An «anche Salò nelle pagine della vergogna». Certi fenomeni oggi «esistono in forme diverse»

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Il leader della destra italiana, l'ultimo segretario missino, arriva in Israele e compie un ulteriore strappo con il passato. Ma rivendica di farlo «per preparare il futuro». Così chiaro Fini non era mai stato. Di responsabilità degli italiani nelle leggi razziali aveva già parlato in passato. Oggi si spinge oltre e per la prima volta è più preciso, dice: «Le infami leggi razziali volute dal fascismo». Lo fa mentre sul capo ancora ha posata la kippà per la visita allo Yad Vashem, il museo dell'Olocausto di Gerusalemme. Non c'è per Fini «nessuna giustificazione per i carnefici di ieri». Non solo per chi uccise ma «anche per chi poteva salvare un innocente e non lo fece». E poi si devono «denunciare le pagine di vergogna che ci sono nella storia del nostro passato. Bisogna farlo per capire la ragione per cui ignavia, indifferenza, complicità e viltà fecero sì che tantissimi italiani nel 1938 nulla facessero per reagire alle infami leggi razziali volute dal fascismo». Restano ampie le maglie delle responsabilità da condividere. «Ma la grossa novità è che abbia menzionato il termine fascismo: è la prima volta che lo fa», commenta subito Amos Luzzatto, presidente delle Comunità ebraiche italiane, che ha accompagnato Fini nelle visita e ne apprezza i progressi. Più tardi il leader di An dirà ancora di più. La Repubblica Sociale di Salò rientra o no tra le pagine vergognose del nostro passato? «Rientrano certamente tutte quelle pagine relative alla discriminazione e ancor più alla persecuzione nei confronti degli ebrei e più in generale delle minoranze. E quindi certamente vi rientra anche quella pagina», risponde testualmente Fini. «Nell'epoca del male assoluto - dice ancora il vice premier commentando la visita a Yad Vashem - e quando era pericoloso farlo, ci fu chi rischiò la propria vita per salvare un innocente». E del male assoluto fa parte anche il fascismo? Insistono i giornalisti in conferenza stampa. «Certo, tutto quello che abbiamo visto insieme nel pellegrinaggio all'interno di Yad Vashem ne fa parte», risponde. Può bastare a chi chiedeva al leader di An, in occasione di questo viaggio, di declinare meglio cosa significasse per il suo partito dirsi una forza post-fascista? La robusta revisione, che sta nel solco delle cose dette a Fiuggi, poggia su un terreno di concretezza. Il leader di An incontra a Gerusalemme Ariel Sharon e le massime autorità di uno stato dilaniato dal terrorismo, che conta infinitamente sull'amicizia speciale dell'Italia, soprattutto nel semestre di Presidenza Ue. Fini non si tira indietro. Non si deve «museizzare la storia», spiega: «razzismo e antisemitismo non sono alle nostre spalle, non appartengono a un'epoca storica chiusa, ma esistono in forme diverse e mascherate». L'esasperato anti-israelismo, per esempio, la virulenta polemica nei confronti del governo Sharon, per Fini altro non è che «un antisemitismo mascherato da antisionismo». Perciò, spiega il vice premier «io ho cercato in questi giorni di dire parole inconfutabili sul passato per costruire il futuro». «Ognuno può e deve fare qualcosa», dice il vice premier che a Gerusalemme è venuto a tendere la mano agli ebrei ma anche a subire le critiche di parte della stampa e della comunità ebraica di origine italiana. «E si è un passo avanti - aggiunge - quando si ha l'onesta intellettuale e il desiderio sincero di chiudere i conti con il passato. Non per posizioni liquidatorie, sospettabili di tornacontismo partitico, ma per la volontà di evitare che le tragedie si ripetano nel futuro».

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