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«Prodi candidato. È in conflitto d'interesse» Per Fini «è una questione di stile, dovrebbe essere super partes». FI e Lega chiedono le dimissioni

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È uno scenario concitato e ricco di polemiche quello che si sta delineando sulle questioni europee. Uno scenario che potrebbe durare fino alla tarda primavera quando, alle elezioni per il parlamento di Strasburgo, Prodi metterà in campo (direttamente o attraverso i partiti che si richiamano a lui) una proposta alternativa a quella della coalizione di Berlusconi. Per la verità Prodi ha tenuto a circoscrivere la portata del suo «manifesto» alla dimensione europea, escludendo che le proposte avanzate siano state pensate in relazione alla politica italiana. Ma il sostegno degli alleati e gli attacchi degli avversari dicono che Prodi, al di là della discesa in campo in prima persona, è tornato protagonista della politica nazionale. Egli stesso, in dichiarazioni rilasciate in precedenza a Bruno Vespa, non disdegna di dare giudizi precisi sul governo Berlusconi, accusato di «procurare angoscia al paese», e sul centro sinistra, affermando che restano validi i motivi che furono all'origine della formazione dell'Ulivo. La condotta di Prodi non piace alla Cdl; e se Gianfranco Fini ne fa una «questione di stile» (chi ha incarichi istituzionali in Europa dovrebbe essere «super partes», afferma il vice presidente del consiglio), Marco Follini ironizza sul fatto che Prodi nega di aver scritto il manifesto pensando all'Italia (forse prepara liste col suo nome in Finlandia e Portogallo, ha detto il segretario dell'Udc), mentre Forza Italia e la Lega sono drastiche, e parlano di dimissioni. La richiesta che il presidente della commissione lasci il suo posto arriva dal capogruppo di Forza Italia al Senato, Renato Schifani, e dal leghista Roberto Calderoli, che sollecita Berlusconi a farsi promotore di un'iniziativa della Ue per indurre Prodi a lasciare. Per il ministro Tremonti si tratta di «atteggiamento irresponsabile». Ma anche chi non pronuncia questa richiesta accusa Prodi di essere scorretto («un'entrata a gamba tesa» nella politica italiana, per il capo delegazione di FI a Strasburgo, Antonio Tajani), e di indebolire l'autorevolezza della commissione nel momento in cui, sostiene il ministro Maroni, la Ue si trova a dover scrivere la propria costituzione ed è di fronte alle questioni poste dall'allargamento ad altri dieci paesi. Ma il centrodestra attacca Prodi anche al Parlamento di Strasburgo. Il primo a reagire, con asprezza, è stato il capogruppo del Ppe, la formazione di maggioranza relativa nel Parlamento di Strasburgo, Hans Gert Poettering. «Trovo inaccettabile il comportamento di Prodi: è il presidente della Commissione europea, non capisco perchè debba intervenire nella politica interna italiana», ha tuonato. Dura anche la reazione del presidente del secondo gruppo del centro-destra, l'Uen (di cui fa parte AN), il neo-gollista Charles Pasqua. Prodi «farebbe bene a occuparsi del suo incarico e a restare al di sopra delle parti: altrimenti dia le dimissioni» ha detto l'ex-ministro degli interni francese a Roma dopo un incontro con Gianfranco Fini.

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