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Fini preme, Berlusconi apre al rimpasto

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Scontro in Consiglio dei ministri. Il vicepremier: «Verifica a tutto campo». Il premier: «Nuovo slancio»

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Non era mai accaduto che lo scontro esplodesse lì, nella sala del Consiglio dei ministri. Evidente. Non era mai accaduto che premier e vice, leader dei due principali partiti della coalizione, fossero in dissenso palese durante una riunione di governo. Fini insiste, spiega che vuole il «tagliando». «Caro Silvio, è necessario rivedere il programma - è in sintesi il discorso del vicepremier -. È stato scritto in una situazione economica completamente diversa. Bisogna aggiornarlo, fare una verifica a tutto campo. E non si possono escludere ipotesi a priori. Se è verifica è totale». Il leader di An non cita la parola «rimpasto», perché non la ama come non la ama il premier. Ma Berlusconi capisce benissimo e si agita. Lo interrompe. Spiega: «È sufficiente rivedere solo il programma». Più tardi, per allentare la tensione, si lascia scappare una mezza frase: «Si può anche cambiare qualcuno, ma quando decidiamo di farlo e lo facciamo subito. Non possiamo parlarne sui giornali per mesi». Fini prima però aveva rilanciato: «Dobbiamo dire la verità al Paese, dire come stanno le cose, l'economia è sostanzialmente in crisi, dobbiamo dare i dati reali». Il premier inorridiva: «No, Gianfranco. Non possiamo dare messaggi negativi. Va bene pensare a un nuovo slancio nell'azione del governo, ma appunto "slancio". Non altro. Insomma, diamo ottimismo, ottimismo, ottimismo». Fini non mollava. Insisteva. Con garbo, pesando le parole. I due cercavano anche di venirsi incontro, di trovare punti in comune. E il duetto proseguiva. Con Umberto Bossi che assisteva al ping pong nel suo banchetto, per una volta senza dire una parola. Racconta poi uno dei presenti che faceva anche una certa impressione vederlo così mansueto rispetto alle sparate di fuoco che predilige. Dunque, la locomotiva del vicepremier procedeva spedita sul binario tracciato nelle ultime settimane dal ministro delle Politiche Agricole, Gianni Alemanno. Anche le parole erano le stesse: fase due del governo, dare i dati reali dell'economia, verifica a tutto campo. Il Cavaliere invece puntava sull'orgoglio del team: «Il governo ha fatto un gran lavoro, siamo in linea con il programma, abbiamo mantenuto le promesse, abbiamo ottenuto grandi risultati. A cominciare dalla politica estera». «Vero Silvio, ma non basta», ribatteva l'altro. La riunione del consiglio dei ministri andava avanti lo stesso. I due si placavano e si rivedevano nella stanza del premier, che con sé portava anche Bossi. Ed è allora che il Cavaliere si sentiva in vena di fare concessioni. Ma avvertiva: «Non ne parliamo sui giornali, altrimenti perdiamo solo voti».

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