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Giallo dei 120 milioni Mares sotto torchio per quattro ore filate

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In Procura, intanto, sono giunti documenti da Montecarlo (non si è potuto apprendere se acquisiti dagli stessi investigatori nel corso di una trasferta nel Principato o se trasmessi direttamente dalle autorità monegasche) considerati importantissimi per l'esito dell'indagine. Mares, affiancato dall'avvocato Giuseppe Del Sorbo, ha risposto alle domande del procuratore capo Marcello Maddalena e dell'aggiunto Bruno Tinti sulla somma di 120 milioni di dollari che secondo Marini è una parte della maxitangente ai politici italiani di centrosinistra, ma che secondo il mediatore d'affari si riferisce a una lecita operazione finanziaria chiamata «trading». «Quei 120 milioni - è il contenuto della deposizione di Mares, che ha ribadito la sua versione dei fatti - sono "virtuali", nel senso che nonostante i miei tentativi non è stato possibile movimentarli. È per questo che il "trading" non è andato a buon fine». Marini, nei suoi interrogatori, aveva invece affermato che il denaro era stato trasferito a un conto ad Innsbruck della società di Mares, la «Zara International», e da lì smistato ai destinatari della tangente. Mares ha ripetuto che su quel conto non è mai giunta alcuna somma, e che non dispone di conti segreti o cifrati. I 120 milioni di dollari al centro dell'audizione di ieri sono «fermi», secondo la versione resa da Mares, alla banca Paribas di Montecarlo. Marini sostiene che fossero arrivati direttamente dalla Serbia, mentre un altro personaggio arrestato nell'ambito della stessa inchiesta, l'avvocato romano Fabrizio Paoletti, aveva affermato di ricordare vagamente che arrivassero dall'inglese Barclay Bank e che fossero frutto di una provvista di fondi creata da una società britannica. Mares, invece, ha detto che provengono da una banca lussemburghese, la Amro e la documentazione sul caso inviata dalle autorità giudiziaria svizzera a quella italiana parrebbe confermarlo. Il mediatore d'affari potrebbe essere ascoltato una seconda volta la prossima settimana. I legali dei due indagati per l'affare (l'ex amministratore delegato Tommaso Tomasi di Vignano e il dirigente Giuseppe Gerarduzzi) hanno presentato ricorso in Cassazione contro l'ordinanza con la quale il gip Marco Gianoglio ha concesso un anno di tempo ai pm per completare l'inchiesta. «È un problema di diritto molto delicato e anche molto interessante», ha commentato il professor Carlo Federico Grosso, uno dei difensori: «Noi riteniamo che il giudice, una volta scaduto il termine di due anni concesso dal codice, non possa prolungare ulteriormente le indagini».

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