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dall'inviato FABRIZIO DELL'OREFICE RIMINI — Doveva essere l'incontro degli incontri ...

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Insomma, il duello tra Fini e D'Alema dove svolgersi a colpi di fioretto e all'insegna del fair play ed è finito a sciabolate. Il dialogo maggioranza-opposizione doveva ripartire da Rimini ed è affondato in mezzo all'Adriatico. Eppure i due si erano incontrati prima del confronto pubblico in una saletta. Faccia a faccia avevano anche concordato temi e contenuti da affrontare una volta saliti sul palco. Ed era anche quello che volevano gli organizzatori del dibattito tanto che Roberto Vignali, il moderatore, alla fine arriva a chiedere che «maggioranza e opposizione si concentrino di più non sui temi che interessano i media ma quelli che toccano le persone e le imprese». E proprio dal meeting doveva partire un messaggio chiaro: destra e sinistra si possono parlare quando al centro ci sono i contenuti. Se ne riparlerà il prossimo anno. A scaldare il clima ci ha pensato Innanzitutto il pubblico, giunto in gran massa. E subito sono partiti i primi fischi non appena è stato presentato D'Alema. Il presidente dei Ds è diventato un vero e proprio bersaglio, soprattutto quando affronta il tema della scuola tanto caro a Cl. Il primo intervento è proprio quello dell'ex presidente del consiglio, tutto sulla politica estera. E fa sobbalzare Fini quando parla del fallimento, dell'impotenza della più grande potenza del mondo. Prova ne è la ripresa del terrorismo «frutto della mondializzazione senza governo». Fini s'inalbera: «Non facciamo giustificazionismo, bisogna anche dire che il terrorismo è contro la dignità dell'uomo». Le riforme istituzionali è l'unico punto che avvicina i due, già «alleati» ai tempi delle Bicamerale della scorsa legislatura. Il vicepremier chiede di guardare alla proposta della Cdl «senza pregiudizio». D'Alema replica che è «meglio la ricerca comune di una intesa in una baita», va bene «il premierato forte ma servono le garanzie come regolamentare il conflitto d'interessi». La platea condivide. Fini ringrazia dice che i due sono uniti dalla «passione per la politica»: «Abbiamo iniziato in partiti che erano all'opposizione, abbiamo passato decenni a dare volantini». Fine delle gentilezze. Fuori le sciabole. Attacca D'Alema: un politico deve confrontarsi e anche accettare i fischi. Replica il vicepremier: «A condizione che si dica che è una pessima politica quella di chi alimenta la platea, non ho sentito parole di condanna sui fatti di Verona». Controreplica D'Alema, nuovamente fischiato dal pubblico. Si rivolge al leader di An e gli fa: «Li hai organizzati tu?», e quello scuote la testa. Succede quando il presidente dei Ds difende la scuola pubblica, tesi inaccettabile per i ciellini. Chiosa Fini: «La differenza tra destra e sinistra è che mentre noi vogliamo dare a tutti il diritto a partire tutti dallo stesso punto e poi va avanti di più chi merita, loro vogliono dare a tutti lo stesso punto di arrivo». D'Alema si agita: «I figli degli operai fanno ancora gli operai». Fischi e applausi.

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