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«È un grande passo avanti Però servirà una verifica»

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Toccherà comunque alla sperimentazione dare un giudizio definitivo. Fra due o tre anni farei una verifica per correggere eventualmente ciò che non va. Ma invito tutti a non creare divisioni e a giudicare i risultati. È opportuno essere più empirici, anglosassoni». Vincenzo Scotti, ministro del Lavoro negli anni '78-'80 e nel biennio '82-'83, oggi docente all'Università di Malta, plaude alla nuova era che si è aperta nel mondo dell'occupazione. Già durante il suo ministero si iniziò a cercare un superamento delle rigidità delle agenzie di collocamento, introducendo il principio della chiamata nominativa al posto di quella numerica. Ma il lavoro diventerà veramente più flessibile? «Sicuramente corrisponderà di più alle esigenze e alle possibilità concrete del mercato. Domanda e offerta di lavoro saranno avvicinate per ottenere il massimo di occupazione. In alcuni casi le aziende hanno bisogno di stabilità della manodopera e quindi ricorreranno a contratti a tempo indeterminato. In altri casi l'azienda ha bisogno di occupazione temporanea e allora preferirà contratti a tempo determinato, un lavoro interinale, che gli consentirà di competere sul mercato senza aumentare i costi fissi. Ma l'elemento più importante è che, finalmente, nascono soggetti privati in grado di dare da una parte al lavoratore una serie di servizi (dalla formazione al collocamento) e dall'altra di offrire alle imprese un lavoratore formato e rispondente alle esigenze del momento». Eppure la Cgil minaccia lo sciopero. «Non è la prima volta nella storia del nostro Paese che il sindacato parte con un rifiuto e poi, strada facendo, deve accorgersi che i fatti sono più forti delle ideologie. Avvenne così con la scala mobile». La riforma del lavoro darà un impulso all'economia? «Certamente. Non bisogna credere che, da sola, la flessibilità spinga alla crescita. Ma è una componente della politica espansiva di cui oggi abbiamo bisogno in Italia». St. Mor.

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