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Ma la sinistra del partito insiste e avvia una raccolta di adesioni per sostenere le ragioni del «sì»

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Il leader dei Ds per «ridurre il danno» portato dalla consultazione sull'art. 18 decide per l'invito a non andare a votare Referendum, Fassino sceglie l'astensione

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18 a tutti i lavoratori, sostenuto da Prc, Verdi, Pdci, sinistra ds. Ma ieri il leader del partito, Fassino, in una conferenza stampa a Foggia, ha detto che per ridurre i danni che quella consultazione provocherà è meglio consigliare i cittadini di non andare a votare. La posizione astensionista, che mira a annullare la consultazione non facendo raggiungere il quorum minimo di votanti, continua così a fare proseliti, al punto che dopo la pronuncia di Fassino il leader dello Sdi Boselli dice subito che ora è matura la situazione per concordare una posizione dell'Ulivo sulla questione. La sinistra Ds però si mobilita per il sì, avviando la raccolta di adesioni ad un appello «per rendere chiaro agli elettori le ragioni per cui occorre andare a votare e votare sì». Lo annunciano Cesare Salvi, Gloria Buffo, Alfiero Grandi e Giorgio Mele, in una dichiarazione, nella quale affermano di ritenere necessario che sia in campo anche una posizione per il sì «di fronte al moltiplicarsi di appelli per il no e per l'astensione nel prossimo referendum del 15 giugno». Mentre così all'interno della Quercia sembra profila un urto frontale, il leader del Prc Bertinotti tuona contro gli ex leader dei sindacati confederali che si sono espressi contro la consultazione. Appena qualche giorno fa nella riunione della segreteria della Quercia si era deciso di non decidere e di aspettare gli sviluppi degli avvenimenti e cosa avrebbero detto gli organi direttivi del partito. Poi, ieri pomeriggio, da Foggia la dichiarazione di Fassino: «Il modo migliore di affrontare il referendum è quello di ridurre il danno che può comportare». «La strategia per ridurre il danno - dice in una conferenza stampa - passa attraverso la richiesta ai cittadini di non partecipare ad un referendum inutile, dannoso e sbagliato e di non partecipare al voto». «Questa posizione credo che si stia diffondendo - aggiunge - tanto che la stessa Cgil ha aperto un dibattito in cui sono forti le opinioni di coloro che ritengono che sia preferibile la non partecipazione al voto, e sottolineo che tra quelli che pensano questo ci sono gli ultimi tre segretari generali della Cgil». Il leader dei Ds non li nomina, ma si riferisce evidentemente a Pizzinato, Trentin e Cofferati, di tutto sospettabili meno che di non voler tutelare i lavoratori. Intanto il leader della Cisl Pezzotta ribadisce la posizione contraria, assunta fin dall'inizio, anche a costo di prendersi più di qualche fischio in piazza come è successo sia il 25 aprile che il 1° maggio: «Questo referendum - ripete - va fatto fallire, perchè non serve ai lavoratori» e che «non porterà nulla di positivo: può creare delle contraddizioni ed è un'interferenza sul ruolo delle parti sociali». «Non si tratta di parlare di fischi e di insulti: ho spiegato a Epifani - aggiunge - che quelli che contestavano portavano il berretto della Cgil: ho chiesto a Epifani di prendere le distanze dai suoi, anche se sono pochi quelli che assumono questi atteggiamenti». Nel centrodestra, il ministro delle Comunicazioni Gasparri osserva che «il centro sinistra fugge di fronte alla prova del referendum sull'art. 18»; il ministro delle Politiche comunitarie, Rocco Buttiglione, ribadisce che il referendum «è completamente inutile».

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