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Consulta, uscita pacifista del presidente Chieppa

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Il Polo insorge: Giovanardi critica la scelta della sede e per Landolfi (An) è stato contestato il Parlamento

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È il presidente della Corte costituzionale, Riccardo Chieppa, aprendo l'udienza pubblica della Corte per la discussione di una serie di cause, a schierarsi contro il conflitto in Iraq e ad assumere un imprevisto atteggiamento pacifista. «Violenza chiama violenza e terrore, ha sempre provocato e scatenato tanti orrori, deportazioni, stermini, anche quelli razziali, che sono altrettanti delitti contro l'uomo e l'umanità intera» dice Chieppa. Prende posizione «a titolo personale» - specifica - contro l'intervento militare, auspicando che «le sofferenze finiscano presto». Poi legge l'articolo 52, primo comma e l'articolo 11 della Costituzione, chiedendo - subito dopo - un minuto di silenzio sul conflitto «che mette in pericolo la pace e la convivenza tra i popoli». Chieppa richiama il disposto delle due norme: «La difesa della patria è sacro dovere del cittadino»; «l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di soluzione delle controversie internazionali». Insomma, dalla dissociazione istituzionale ci manca poco. Talmente poco che il Polo insorge. Così, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, afferma che «nel merito Chieppa ha detto cose di buonsenso, condivisibili», ma subito aggiunge di non capire «i modi, i tempi e la sede scelta per dirle». Dunque, osserva ancora, «che senso ha sottolineare che quell'intervento era a titolo personale quando a intervenire è il presidente della Consulta?». Un po' meno accondiscendente il portavoce di An, Mario Landolfi: «È sorprendente che il presidente Chieppa abbia preso questa iniziativa, anche perché presta il fianco a strumentalizzazioni. Sembra che surrettiziamente contesti la decisione libera e sovrana del Parlamento di concedere le basi e il diritto di sorvolo agli Usa. Ed è opportuno ricordare che chi ricopre un ruolo così delicato dal punto di vista costituzionale dovrebbe ispirarsi sempre a quella regola aurea che è il riserbo». Il presidente dei deputati leghisti Alessandro Cè stigmatizza: «Seppure a titolo personale, l'intervento di Chieppa non si confà al suo ruolo pubblico, se il presidente ha da dire qualcosa è giusto che lo faccia nell'ambito delle procedure e delle competenze della Corte». Va giù duro anche il vicepresidente della Commissione Esteri della Camera, Dario Rivolta (Forza Italia): il governo dice le stesse cose, a proposito dell'articolo 11 della Costituzione e, in ogni caso, «vorrei ricordare che l'Italia non è in guerra». E se l'Udc giudica positivamente e «non strumentalizzabile» il richiamo alla Costituzione, l'opposizione interpreta la sortita come una precisa censura costituzionale verso chi non avrebbe rispettato la Carta.

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