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Nicola Fratoianni e l'insulto sessista a Giorgia Meloni: la lettera aperta di suor Monia Alfieri

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L'Italia è al centro della diplomazia internazionale. Dall'incontro negli Usa tra Giorgia Meloni e Donald Trump su dazi e guerra fino ai funerali di Papa Francesco a Roma che hanno visto i leader faccia a faccia per a pace. Ebbene, il vertice di Washington per Nicola Fratoianni è andato in modo diverso da quanto sostenuto dalla maggior parte degli osservatori: "Ho come l’impressione che più che la presidente del consiglio italiano, Meloni abbia fatto la cameriera al pranzo con Trump. Sembra la sceneggiatura di una serie di quart’ordine questo incontro fra lei e il presidente Usa", aveva tuonato il leader insieme ad Angelo Bonelli di Alleanza Verdi Sinistra. Una critica che tradisce la doppia morale della sinistra che grida al sessismo ogni pie' sospinto e quando le fa comodo fa anche peggio. A rispondera a Fratoianni, con una lunga lettera aperta, è suor Anna Monia Alfieri: ecco il testo integrale:

On. Nicola Fratoianni,

mi rivolgo a Lei come cittadina che ha a cuore la societas: sono, infatti, sempre grata a quegli uomini e a quelle donne che sacrificano la loro vita privata e decidono di porsi al servizio della collettività nella vita politica. Paolo VI ci ha insegnato che la politica è la più alta forma della carità. Ecco perché stimo molto gli uomini e le donne impegnate a servire il Paese nelle aule del Parlamento e nel Governo, anteponendo a tutto il maggior interesse dei cittadini, soprattutto dei più fragili. La classe politica può influire sulla vita delle persone, in primis agendo in politica interna, favorendo unità, benessere sociale, legalità e sicurezza e, in politica estera, favorendo la garanzia dei confini, il rispetto della sovranità, sempre lanciando ponti e dialogando grazie ai canali della diplomazia. Questo domanda qualità umane e morali non indifferenti, competenze e conoscenze frutto di studio, quello previo e quello in itinere dei dossier, nonché abilità di mediazione, capacità di bilanciare l’interesse nazionale con l’interesse globale, predisposizione ad accogliere il punto di vista dell’altro, rifuggendo la polarizzazione delle varie posizioni.

 

 

Il confronto, infatti, si basa sempre sulle idee, sui contenuti e, anche quando è aspro, salva sempre la forma, proprio perché l’obiettivo è addivenire ad un punto di incontro, ad una sintesi, ad una soluzione. La politica, italiana e internazionale, è ricca di personalità degnissime: da Aldo Moro a Giuseppe Dossetti, da Luigi Berlinguer a Franklin Delano Roosevelt, da Konrad Adenauer ad Alcide De Gasperi. L’elenco sarebbe davvero lungo. Uomini e donne che hanno affrontato momenti storici complessi, uomini e donne che hanno vissuto momenti di confronto teso, senza cedere alla denigrazione dell’avversario, all’offesa personale, perché mossi dal sincero intento di giovare ai cittadini.

Sono ben consapevole che, da quando si è rotto il patto tra democrazia politica ed economia di mercato, a causa delle politiche degli anni ‘80 che hanno visto l’ideologia neoliberale sostituire quella liberale, con la riduzione del welfare state e la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, si è ingenerato un vuoto che, purtroppo, è stato colmato dal populismo, un populismo che, a destra e a sinistra, si arroga il ruolo di riporre al centro il popolo, come a dire che nessuna altra forza politica lo abbia mai fatto. Ma, di fatto, questo populismo, e la storia lo conferma, cavalca semplicemente il malessere dei cittadini per interessi di parte, senza proporre soluzioni efficaci. Il populismo cavalca, lo sappiamo, l’ignoranza che non è un valore, esattamente come l’offesa e la denigrazione non sono uno strumento politico efficace e degno di una democrazia liberale. Spesso incontro persone che mi rappresentano il loro sconcerto e la loro preoccupazione di fronte alla deriva che sembra abbia preso una certa classe politica, dalle baruffe in Parlamento alle dichiarazioni intrise di ideologia. Il dibattito diviene, così, ideologico, indirizzato a colpire sul personale l’altro, divenendo incapaci di assumere il punto di vista dell’altro, cosa che, per Alfred Schütz, è l’unica via per rendere possibile il confronto. Questa comprensione è fondamentale per la costruzione di un'interazione significativa e per la formazione di un senso condiviso del mondo sociale.

 

 

Eppure, la componente più importante per una persona come me che crede fortemente nei modelli positivi per i nostri giovani, spesso smarriti e privi di punti di riferimento positivi, è il ruolo pubblico della classe politica che deve essere un esempio per i nostri giovani. Quando la classe politica si lascia andare a frasi sessiste, denigratorie dell’avversario o si sente legittimata a tirare i capelli ad una giornalista negando la cosa, con il sostegno degli amici che antepongono la difesa della categoria, quale messaggio viene mandato ai giovani? Una classe politica che scende in piazza contro il patriarcato e a difesa delle donne ma che, poi, nel quotidiano, anche di fronte ad un incidente di percorso di un alleato, non trova doveroso condannare il gesto, non certo chi, forse per età e stanchezza, ha sbagliato? I più registreranno una contraddizione tra il dire e il fare e i giovani si sentiranno legittimati a fare altrettanto. Il patriarcato va combattuto non nelle piazze, non con dichiarazioni solenni, ma nel quotidiano, con onestà intellettuale. La difesa delle donne non può essere ridotta ad una questione partitica, lasciando pensare ai cittadini e alle donne che la difesa scatta solo per chi ha lo stesso pensiero politico. La violenza e il femminicidio sono gesti estremi che partono sempre da tante piccole mancanze legittimate e, forse, anche scusate. Non possiamo pensare che i nostri ragazzi riconoscano il valore della donna, se i nostri silenzi legittimano la foto bruciata e le battute sessiste. Del resto anche gli influencer e i cantanti hanno compreso che i messaggi negativi che lanciavano stavano danneggiando il lavoro di noi educatori: il loro esempio mi fa sperare che questo appello possa essere raccolto anche dalla classe politica, consentendo una reale inversione di rotta.

Onorevole, in tutta onestà, la sua frase “Ho come l'impressione che più che la presidente del Consiglio italiano, Meloni abbia fatto la cameriera al pranzo con Trump”, così lontana dall’ideale politico sopra rappresentato, mi ha davvero rattristata, perché ho percepito l’utilizzo della parola «cameriera» come insulto sociale, antropologico e pure un pochino sessista. Forse è la mia sensibilità ma la classe politica, a livello trasversale, che conosco ha sempre avuto una grande sensibilità proprio verso le classi sociali più umili. Provengo da una famiglia semplice, padre operario e madre casalinga, persone oneste che hanno fatto enormi sacrifici per consentire a me e ai miei due fratelli di conseguire i più alti titoli di studio. Lo studio per noi era motivo di riscatto e di servizio alla societas. Mia madre, quando veniva a casa un operaio per le riparazioni, lo trattava come un re: caffè, pranzo e asciugamani pulito per lavarsi le mani. Quale messaggio lanciamo ai nostri giovani? Che ci sono cittadini di serie A e di serie B? La cameriera in quale categoria rientra? Eppure gridiamo spesso al fascismo, al patriarcato, alla discriminazione, al salario minimo, come paladini dei più deboli, mentre, nei fatti, poi li denigriamo e umiliamo.

Ormai, a destra e a sinistra, abbiamo esponenti politici che riempiono le piazze in nome della difesa della pace ma, nei fatti, non sono capaci di disarmare le parole, di dare solidarietà agli esponenti della parte politica avversa, quando una loro foto viene bruciata. La pace nasce nella vita quotidiana cominciando dal rispetto dell’alleato, dalla capacità di confronto leale con la parte avversaria, dal rispetto dei cittadini mai usato per interessi partitici.  Vogliamo per davvero combattere il femminicidio? Cominciamo a dare solidarietà ad una qualsiasi donna, di qualsiasi classe politica, se viene offesa e denigrata anche da un amico di partito. Cominciamo a non utilizzare e a condannare, se utilizzate da altri, frasi sessiste e denigratorie. Vogliamo per davvero che i nostri ragazzi rispettino il diverso? Cominciamo a disarmare le parole che denigrano le classi sociali più umili. Sinceramente non trovo nessuna differenza fra un manager e una cameriera, fra un operaio e un amministratore delegato, fra un cuoco e un docente: tutti svolgono professioni di valore.  Vogliamo per davvero la pace? Difendiamo la democrazia che è la società più bella al mondo ma, proprio perché realtà aperta, è fragilissima. Occorre partire dal sincero desiderio di un confronto politico sui contenuti, e non sull’ideologia, dal rispetto delle Istituzioni e di chi le rappresenta, dal presidente della Repubblica, ai deputati e ai senatori. 

 

Del resto la forza delle democrazie sono gli elettori che hanno un potere enorme. Rispetto alle dittature, le democrazie si avvalgono del consenso del popolo, dei cittadini, degli elettori ed è a questi che mi rivolgo affinchè trovino il coraggio di rimettersi in politica, di non scappare, e non, semplicemente, candidandosi ma utilizzando la penna. Il consenso delle urne deve andare a quei politici capaci di custodire la democrazia, di porsi con rispetto verso l’avversario, anche dibattendo ma senza mai lasciarsi andare a parole ideologiche, contraddittorie. I cittadini sanno comprendere la differenza fra il dichiarato e il vissuto, i cittadini non sono stupidi: forse sono semplicemente stanchi e si ritraggono. E’ arrivato il momento di pretendere da chi ci rappresenta competenza, studio, conoscenza, rispetto per le classi sociali, in una parola: responsabilità. In questi giorni in cui stiamo vivendo il lutto per la morte di Papa Francesco giungono messaggi di cordoglio da parte di tutte le forze politiche che fanno proprie le parole del Papa. Allora, affinchè non siano, come sicuramente non lo sono, parole di circostanza, occorre essere coerenti con quanto si afferma, nel rispetto della verità, dei cittadini, del pontefice defunto. E’ una questione di responsabilità personale e sociale.

E’ questo ciò che io, come tutti i cittadini, chiedo, dunque, non solo a Lei, ma a tutti i suoi colleghi: rispetto e coerenza. 

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