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Chiara Ferragni, “contraria alla legge”. Il Codacons si scatena dopo l'addio al veleno con Pigna

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Nuovo round di un duello che non vede la fine. «Le dichiarazioni contro Pigna rilasciate da Fenice srl, la società che gestisce i marchi di Chiara Ferragni, appaiono non solo arroganti, ma anche contrarie alle disposizioni di legge». È questa la dichiarazione del Codacons, pronto a scendere in campo legalmente per tutelare le società che interromperanno i rapporti commerciali con l’influencer. «La scelta di Pigna è perfettamente coerente con la funzione del contratto di sponsorizzazione, caratterizzato da un forte rapporto fiduciario tra le parti - spiega l’associazione dei consumatori -. Quanto accaduto nella vicenda del pandoro Balocco e relativa sanzione Antitrust costituisce inosservanza degli obblighi di buona fede, correttezza e diligenza secondo quanto disposto dagli artt. 1175 (‘comportamento secondo correttezza’), 1176 (‘diligenza nell’adempimento’) e 1375 del codice civile (‘esecuzione di buona fede’)». 

 

 

E ancora: «Comportamenti che configurano un vero e proprio inadempimento che giustifica la risoluzione ex art. 1453 cc facendo salva l’azione di risarcimento danni. È doveroso dare atto della legittimità e della correttezza di Pigna che, come altre società, ha deciso di interrompere un accordo per violazione di impegni contrattuali e per dare vigore a valori etici altrimenti gravemente violati - prosegue il Codacons -. Diversamente da quanto sostenuto dalla società Fenice, si tratta quindi di legittimo esercizio del diritto di recesso da parte dell’azienda Pigna che ha voluto isolare e separare la sua immagine da quella fortemente viziata da una pratica commerciale che è stata sanzionata anche per l’aver sfruttato la vulnerabilità di chi dona con il desiderio di aiutare bambini bisognosi». 

 

 

Per tale motivo il Codacons, prosegue nel comunicato, «è pronto ad affiancare legalmente Pigna e tutte le altre aziende che hanno rapporti con Chiara Ferragni in qualsiasi temeraria azione legale l’influencer e le società a lei riconducibili dovessero intraprendere, e nelle eventuali azioni che le aziende volessero avviare per chiedere all’imprenditrice digitale il risarcimento dei danni economici e di immagine subiti a causa delle condotte illecite sanzionate dall’Antitrust e sotto inchiesta da parte della magistratura».

 

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