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Giannini lascia La Stampa: "Hai brindato", come replica Sallusti

Luca De Lellis
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È notizia fresca che Massimo Giannini, da sabato 7 ottobre, non sarà più il direttore de La Stampa. Uno sconvolgimento inaspettato, che ha consentito ad Andrea Malaguti di prendere le redini del quotidiano torinese. Secondo Il Giornale di Alessandro Sallusti, si è trattato di un “siluramento” voluto dell’editore Gruppo Gedi a causa della trasformazione del “foglio dei borghesi piemontesi in un quotidiano di lotta e dei lavoratori che poteva avere poco futuro”. Nello studio del programma di La7 Otto e Mezzo, per la prima volta il protagonista della vicenda è uscito allo scoperto, rivelando le ragioni dell’addio al giornale di cui è stato direttore per oltre 3 anni. Ma prima una battuta al vetriolo rivolta all’altro ospite della trasmissione condotta da Lilli Gruber, il direttore de Il Giornale: “Non è snobismo, ma confesso che non ho letto il penoso articolo dei carnefici di Giorgia Meloni al servizio in certi giornali”.

 

 

Poi l’attacco: “Mi pare che Sallusti sia contento, ha brindato”. Ne nasce uno scontro dai toni parecchio sostenuti: “No, assolutamente, anche perché è la fine che tocca a tutti”, risponde per le rime il direttore de Il Giornale. Il nuovo editorialista de La Repubblica precisa: “Ma di quale fine parli? Io torno a casa mia, La Repubblica, nella quale ho abitato per 33 anni, gli ultimi 11 dei quali come vicedirettore. Torno lì a fare l’opinionista, editorialista, con i podcast, le rubriche. Non vado ai giardinetti. E mi sembra che quello sia un quotidiano altrettanto critico con il governo in carica”. Perché la tesi de Il Giornale è anche quella per cui Giannini sia stato cacciato perché troppo critico con Giorgia Meloni&Co. Sallusti si difende: “Ovviamente sono tesi, teoremi. Tra tutti i possibili mandanti io non escluderei neanche il Quirinale, vista la nota diramata nei giorni scorsi dove contestava il tuo titolo d’apertura su La Stampa”. Giannini se la ride: “Ma tu credi veramente a quello che dici?”.

 

 

Ma qual è allora la vera ragione all’origine del passaggio a La Repubblica? “La verità è che da giugno con il mio editore abbiamo avviato una riflessione sulla natura del giornale, su come lo si potesse rilanciare e rivedere nella sua mission. Dopo una prolungata riflessione, l’editore ha deciso di recuperare un rapporto molto più vicino e diretto con il suo territorio e proseguire nell’innovazione. Compito nel quale io sono meno votato, vista l’esperienza condotta in questi anni, che è stata faticosa ma entusiasmante”, ha concluso Giannini, ponendo fine alla vicenda. Con una rasoiata finale a far da cornice: “Il rapporto tra informazione e politica è tossico”.

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