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Chiara Ferragni, la sua "crocifissione" è un sollievo per la sinistra

Gabriele Di Marzo
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Io dico subito: non mi sento di crocifiggere Chiara Ferragni. Così come, del resto, non l’ho mai beatificata. Il peccato originale del nostro tempo, dei social soprattutto, è quello di inserire nella categoria dei beati i nostri idoli. Pensandoli come esseri perfetti, quando dovremmo pensarli ed idealizzarli solo come esseri umani. Con tratti di notorietà, mai di infallibilità. La Ferragni è imperfetta, sbaglia, fa bene, poi sbaglia ancora. Tra qualche settimana riprenderà la sua normale vita, ed è sacrosanto che sia così. Alcuni errori però, per taluni aspetti, sono più collettivi di altri. In alcune cose non si sbaglia mai da soli. Ma, spesso e volentieri, soli si resta.

 

In questo, la politica, ovviamente quella che ti ha sostenuto, è la prima a tirarsi indietro. Ed è accaduto anche stavolta. C’è una data, più di tutte, che per Fedez ha segnato un ingresso nella arena della discussione politica. 1 maggio 2021, classico concertone a San Giovanni trasmesso in diretta su Rai3. Fedez è ospite e, sul palco, dice come la pensa. Attacca una parte politica, la destra. Polemiche, discussioni, attacchi e difese. Quest’ultime dalla sinistra, ovviamente. C’è poi una seconda data: Novembre 2021. Il discorso alla nazione di Fedez. Il video è una chiara parodia della discesa in campo berlusconiana. Con l’upgrade del cagnolino.

Qualche ora di smarrimento, soprattutto a sinistra, per poi scoprire che «vota Disumano» è solo lo slogan del suo ultimo disco di prossima uscita. Del resto i Ferragnez in politica avrebbero fatto male, elettoralmente parlando, per temi e soluzioni, proprio al campo largo della sinistra. Ed è proprio li che, dopo il terrore, si tira un sospiro di sollievo.

 

Perché il concetto è semplice: se la critica di Fedez è funzionale, non bisogna mai correre il rischio di farlo diventare centrale. La sua presenza creerebbe ombra in un campo che, più che largo, è già tanto affollato. Non è quindi un caso se la sinistra, oggi, ha mollato i Ferragnez. Se sul possibile ritiro dell’Ambrogino d’oro «deciderà il consiglio comunale», se il «preferirei non parlarne» o «non ho nulla da dire», sono le locuzioni più usate in questi giorni, allora il segnale è chiaro. Si sta battendo la ritirata. È anche vero che, in questo caso, non vale la proprietà commutativa: cambiando l’ordine degli errori, il risultato cambia. Se la sinistra sbaglia, si spera che i Ferragnez non infieriscano. Se Chiara sbaglia, oltre a non difenderla, è più funzionale e conveniente abbandonarla. Come quando il classico temporale estivo ti coglie di sorpresa: tu hai l’ombrello largo ma decidi di lasciare qualcuno, anche se lo conosci, sotto la pioggia. Sta andando esattamente così. Del resto la storia è ciclica. Soumahoro docet.

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