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Indi Gregory, Minzolini sbotta: perso il senso della vita

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Augusto Minzolini
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C’è qualcosa di disumano nella decisione del giudice inglese Robert Peel di interrompere domani i trattamenti vitali per Indi Gregory. Perché prima delle scartoffie, delle carte bollate e dei principi giuridici, quando ci si rapporta con la vita di una neonata malata terminale e con il dramma dei suoi genitori bisognerebbe usare solo il codice, per usare le parole degli antichi, della «pietas». Perché a volte i sentimenti vengono prima della ragione. Purtroppo, a quanto pare, la modernità ha perso quel codice e ha smarrito ogni barlume di sensibilità. La scorza del giudice Peel (nomen omen, la traduzione del nome del magistrato in italiano è proprio scorza) è troppo dura per essere penetrata dai richiami del cuore. E rende questa tragedia insopportabile, inspiegabile anche dal punto di vista della logica più cruda. Qui non c’è neppure una gretta ragione economica a dare un senso alla decisione del togato inglese, perché offrendogli la cittadinanza italiana è stato il nostro governo ad assumersi l’onere delle cure e un ospedale, il Bambin Gesù, a farsene carico. E allora perché non provare, non tentare, perché abortire la speranza di un miracolo? Perché privarci dei sogni? 

 

 

Quell’espressione, «staccare la spina», è emanazione di una visione burocratica della morte. Sapere che basta un interruttore per interrompere la vita di un innocente è desolante. Ma se sono l’interessato o, non potendo, i suoi parenti ad assumersi il peso di quella scelta lo si può anche capire: si può anche capitolare di fronte alla sofferenza. Se, invece, è un giudice ad assumersi la responsabilità, andando contro le volontà di un padre e di una madre, quella decisione non può non apparire ingiusta e, appunto, spietata. Non vale neppure la disputa tra chi si piega all’idea che la sorte della neonata fosse segnata e chi si ribella alla resa della scienza e all’ineluttabilità del fato. Non è questo il tema: perché anche l’idea della morte va metabolizzata e quei genitori avevano il diritto di non essere pronti. Invece ho il timore che il nostro tempo abbia perso il senso del valore della vita: in altri Paesi i neonati muoiono sotto le bombe o sgozzati; nel civile Occidente in ossequio a leggi, regolamenti, protocolli per il decreto di un giudice. È un altro tipo di ferocia, fredda, asettica, distante da ogni passione, che sostituisce ad uno strumento di guerra un tratto di penna, ma non per questo, appunto, meno disumana.

 

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