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Indi Gregory, il grido di dolore del padre Dean: “Minacciato in ospedale”

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Dario Martini
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Una famiglia disperata. Due genitori che non possono decidere la sorte della loro figlia. Indi Gregory ha solo otto mesi ed è affetta da una malattia mitocondriale degenerativa che colpisce il metabolismo energetico delle cellule. La mamma Claire e il papà Dean non si sono mai arresi. E non intendono farlo. Vogliono portarla in Italia, al Bambino Gesù, nonostante i medici della clinica che l’hanno in cura, il Queen’s Medical Centre di Nottingham, e il giudice Robert Peel dell’Alta corte di Londra, vogliano staccarle la spina. Il padre Dean, dopo il verdetto di ieri del magistrato, che impone nuovamente di spegnere i macchinari che la tengono in vita (il termine è fissato alle 15 di oggi ora italiana), racconta cosa sta vivendo. E rivela una realtà drammatica, per certi versi surreale: «I vertici del servizio sanitario nazionale hanno minacciato di rimuovere il supporto vitale oggi, senza la presenza dei familiari». Il padre non era in ospedale al momento della minaccia e ha detto al giudice «che si sentiva come se stesse per avere un infarto quando è stato informato», si legge in una nota dei legali.

 

 

La speranza di Claire e Dean si era riaccesa tre giorni fa, quando il governo italiano, con un Consiglio dei ministri convocato d’urgenza, ha conferito la cittadinanza italiana alla piccola, nel tentativo di far cambiare idea ai giudici che proprio lunedì scorso avevano stabilito il primo spegnimento delle macchine che la tengono in vita, in pratica un ventilatore meccanico che le permette di respirare. L’effetto immediato è stato quello sperato. Lunedì il macchinario è rimasto acceso. La bambina è ancora viva. Ma giudici e medici inglesi non vogliono saperne. Oggi potrebbe essere l’ultimo giorno della piccola. Il papà chiede al Regno Unito di ascoltare l’Italia, di non opporsi ad un Paese che ha offerto il suo aiuto. E rinnova la richiesta: «Faccio appello al governo britannico affinché permetta a Indi di andare in Italia prima che sia troppo tardi. Come padre non ho mai chiesto o implorato nulla in vita mia, ma ora prego il governo britannico di aiutarmi a salvare la vita di nostra figlia. È vergognoso che l’ospedale e i tribunali del Regno Unito ignorino semplicemente l’offerta del governo italiano», dice Gregory disperato.

 

 

L’organizzazione Christian Concern, che supporta i genitori, riferisce un altro sfogo del padre: «Ho dovuto affrontare ripetute minacce da parte dell’ospedale, hanno cercato di intimidirmi e di accelerare la morte di Indi, anche quando ci sono ordini del tribunale in sospeso. Non sembra esserci alcuna attenzione o compassione, solo crudeltà verso di noi come famiglia». Ieri, prima di conoscere il pronunciamento dell’Alta corte di Londra, i genitori avevano diffuso una nota tramite l’associazione Pro Vita & Famiglia Onlus: «Grazie dal profondo del nostro cuore al presidente del Consiglio italiano, al governo italiano e al popolo italiano: siete gli angeli custodi di Indi. La vostra compassione, devozione e amore che avete mostrato nel cercare di aiutare nostra figlia a ottenere le cure di cui ha bisogno ci rendono veramente felici. C’è ancora l’urgenza di appellarci al governo britannico affinché permetta a Indi di essere trasferita in Italia prima che sia troppo tardi. Come padre non ho mai chiesto o supplicato nessuna nella mia vita, ma vi supplico per favore di aiutarci a fare in modo che non sia tolta la vita a nostra figlia».

 

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