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Roma, città eterna e anche immobile: lo sfogo di Paragone

Gianluigi Paragone
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Va bene che «è complicato amministrare una Capitale monumentale come Roma». Va bene che si sommano anche tutti gli errori di «quelli che c’erano prima». Va bene che «come ti giri e scavi esce fuori una villa, un tempio e un pezzo di gloriosa storia imperiale». Va bene che, per dirla con Roberto D’Agostino, «Roma è una città come la sedia elettrica è una sedia». Però, siccome alle elezioni l’uomo si è presentato con piena capacità di intendere e di volere e in piena libertà (insomma nessuno lo ha costretto), la domanda è: ma Roberto Gualtieri ha capito cosa sta accadendo oltre il suo bel balcone? Non domando se sia capace oppure no, perché la risposta è sotto gli occhi di tutti; qui la discussione cambia di livello; allora ripeto: si sta rendendo conto che ogni mossa che compie peggiora la situazione?

 

 

L’ultima l’ha combinata sulla mobilità, tra cantieri e ztl. I casi sono due: o sono andati all’arrembaggio (una specie di: che dio ce la mandi buona) oppure se vi era una pianificazione, i cittadini hanno il diritto di conoscere questo genio incompreso. Sono mesi che chi bazzica le zone interessate dai lavori assiste sgomento alle decisioni della giunta. Nella zona di Torre Argentina avevano chiuso le vie per rimuovere e sostituire le rotaie del tram; adesso che tutto è nuovo, il fatidico «otto» fischia esattamente come prima; e allora uno si domanda: a che è servito spendere quei soldi? Ora il blocco totale del traffico con un anello in piazza Venezia dove, altro giorno, tanto se eri un pedone quanto una bici, tanto se eri sul taxi quanto su un autobus, nessuno riusciva a guadagnare una via di fuga. Senza poi considerare coloro che per capire il senso di marcia ci hanno messo qualche istante in più con la conseguenza di prolungare il tappo.

 

 

Se questo è l’atteggiamento con cui il sindaco Gualtieri pensa di consegnare ai romani e ai turisti la città nel tempo di preparazione al Giubileo, conviene davvero affidarsi alle preghiere perché nella dimensione terrena non si capisce la ratio con cui stiano mettendo a terra le genialate pensate in Campidoglio. Ammesso che una qualche programmazione o pianificazione ci sia davvero. La Città è già al collasso nei servizi essenziali e nelle questioni burocratiche legate agli uffici, ora ci mancano pure altri cantieri. L’impressione è che il cittadino romano e chi abita la Capitale per motivi di lavoro vivano in una sospensione dei diritti e delle regole più elementari di un patto comunitario: c’è chi aspetta una carta d’identità da un anno, chi deve impazzire per bollette che arrivano a parenti deceduti, chi deve litigare con gli uffici perché il destinatario della missiva non è lui ma nessuno si prende la briga di risolvere la questione. Ora, va bene che Roma è la Città Eterna ma qualcuno negli uffici pubblici non può metterci una eternità a dare delle risposte. Gualtieri, così è davvero troppo.

 

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