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Le contraddizioni Ue: barriere anti-migranti sì e blocco navale no

Gianluigi Paragone
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Ho letto con grande interesse l’intervista al presidente del partito popolare europeo Manfred Weber sul Corriere della sera e ho capito la piega che prenderà la prossima campagna elettorale per il rinnovo dell’Europarlamento. I temi saranno per lo più legati all’immigrazione, alla crescita economica e alla guerra. Certo, ci sarebbe da dire anche sul rapporto tra l’Europa e le lobby ma credo che saremo in pochi a sollevare la questione specie se la presidente della Commissione europea Von Der Leyen nasconde i messaggini tra lei e il grande capo di Pfizer sui vaccini. Veniamo all’intervista, molto felpata, con tanto di ringraziamenti ai governi italiani per avere provveduto al vuoto di Bruxelles in un tempo in cui le ondate migratorie si allargano e si restringono a fisarmonica, a seconda di interessi decisamente più alti rispetto a quel che pensiamo noi: le partenze si impennano quando serve per destabilizzare, non è una novità. L’Europa avrebbe dovuto far vedere di essere un player globale e invece nulla. Così, qual è la soluzione del capo del Ppe? «I muri», per quanto.

 

 

Ecco, siccome Germania e Francia guidano il fronte di chi si volta dall’altra parte e le altre soluzioni non stanno funzionando (nemmeno i soldi dati ai «cattivi» tamponano più perché i cattivi hanno alzato il prezzo), il prossimo giro sarà al grido «rimettiamo i Muri» e così l’Europa del «mai più guerre» farà capolinea a ridosso dei cari e vecchi confini, quei confini di cui «noi sovranisti» parliamo da tempo. I muri, dicevamo, per proteggere l’Europa dai corridoi ingestibili. Domando al signor Weber, perché i muri sì e il blocco navale nel Mediterraneo no? Forse perché il Mediterraneo non interessa a Bruxelles e dev’essere lasciata nelle disponibilità di altre potenze? Allora, se così fosse, a che serve l’Unione? O forse perché tutto sommato, finita la campagna elettorale, chi se ne importa se l’Italia resterà sola a fare i conti con gli sbarchi? Ecco, io penso che l’Italia abbia bisogno di una strategia di presidio nel Mediterraneo che se non vogliamo chiamarla blocco navale, nella sostanza si traduca in un controllo di un’area strategica dove già altre potenze globali hanno posizionato presidi militari per controllare infrastrutture reali e digitali.

 

 

Ovviamente il Ppe dovrà prendere le misure a questa misura e spero che il governo italiano torni a parlare di blocco navale, soprattutto adesso che andiamo verso il rinnovo dell’Europarlamento. I Conservatori dovranno arrivare con un manifesto chiaro e intransigente. E tanti saluti se i Socialisti e i Verdi faranno dell’accoglienza a maglie larghe il loro refrain elettorale; del resto è bastata la segreteria della Schlein per rimettere i sindaci «rossi» sulle solita trincea. Evidentemente a loro sta bene fare arrivare tutti. Fatto salvo che quando il problema non lo sanno gestire con i blablabla ecco che, come a Torino coi i rom, devono ricorrere alle maniere forti e ingoiare un po’ di critiche sui minori. «C’era un grande problema di legalità», chiosa il sindaco dem. Già, quando le chiacchiere stanno a zero, l’azione comporta delle scelte. Esattamente come chiediamo.

 

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