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Intelligenza artificiale, la tecnologia non si ferma per decreto. Serve l'Onu

Cosimo Fabrizio Dell'Aria
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«La tecnologia non si ferma con decreto». Firmato Matteo Renzi. L’intelligente toscanaccio ha ragione! Non si può pensare di fermare la tecnologia con decreto che ne vieti l’uso; la tecnologia deve essere accompagnata da una regolamentazione che ne disciplini la sua adozione. Il fatto è che dal novembre 2022 stiamo assistendo alla diffusione della ChatGpt, che nel giro di qualche mese è entrata nelle nostre vite. Ragazzi che la usano per i riassunti scolastici, avvocati che richiedono la stesura di atti, poeti e scrittori che sviluppano nuove storie, insomma in sei mesi questa tecnologia è entrata nelle nostre abitudini. Il sistema è stato vietato, per motivi di sicurezza nazionale, in Cina, Corea del Nord, Russia e Iran e da qualche giorno in Italia.

 

Il Garante della Privacy, con una scelta obbligata dal punto di vista giuridico, ma comunque utopistica, ha bloccato l’accesso alla ChatGpt, limitando l’accesso agli indirizzi italiani, vista la violazione al sistema dello scorso 20 marzo, quando i dati degli utenti italiani compresi i dati di pagamento abbonamenti e dati personali sono stati violati. Il nostro organismo della tutela della privacy ha rilevato l’assenza di informativa giuridicamente adeguata agli utenti per la raccolta dei dati e per tale motivo ha chiesto ad OpenAi un rapido adeguamento; pena una sanzione di circa 20 milioni di euro, nel caso in cui non recepisca le prescrizioni indicate per gli utenti italiani. Il Garante ha fatto il suo dovere, ma dicevo che la scelta è utopistica per la semplice ragione che attraverso l’accesso Vpn (Virtual private network) ogni utente può collegarsi al sistema. Fatta la legge trovato l’inganno! Altro allarme lanciato questa volta sull’uso dell’intelligenza artificiale arriva da oltre oceano dove Future of Life Institute ha raccolto oltre 1000 adesioni da parte di scienziati per consentire un blocco della tecnologia IA per almeno sei mesi per i laboratori che sviluppano la tecnologia.

 

Questi mesi dovrebbero consentire ai sistemisti di elaborare un sistema comune di sviluppo con delle direttive tecniche condivise e cominciare a lavorare a modelli di governance con i politici. Anche qui abbiamo imboccato una strada senza uscita. Si propone una sorta di democrazia tecnologica diretta, una politica autoregolamentata. Il tema, come già riportato in miei precedenti commenti, è complesso e la carta costituzionale per determinare un ordine tecnologico etico democratico e condiviso risiede nella CallRome di Papa Francesco, sviluppata dall’Accademia Pro-vita del Vaticano. I principi sono semplici e da lì che dobbiamo partire: la formazione , l’etica e i diritti. L’applicazione di questi principi, semplici a prima vista, possono essere applicati attraverso leggi e regolamenti. La ChatGpt ad esempio deve fare i conti dal punto di vista dei diritti con differenze normative inconciliabili tra loro, basti pensare alla differenza del diritto islamico con il civil law occidentale; dal punto di vista etico ciò che è tollerato in Oriente potrebbe non essere accettato in Occidente; dal punto di vista della formazione stessa solfa, chi può accedere alla formazione? Le donne dell’Afghanistan lo potranno fare? Insomma un problema che riguarda tutti, senza esclusione.

 

Pensiamo ad esempio all’elaborazione di un modello algoritmico che affermi in modo distorto una differenza di genere o di razza; il risultato potrebbe essere quello di escludere interi pezzi di umanità dalla valutazione dei sistemi. La soluzione risiede unicamente nella volontà di regolamentare i sistemi attraverso l’Organizzazione delle Nazioni Unite. In quella sede potrebbero essere conciliate le differenze etiche normative e sociali nell’applicazione dei sistemi tecnologici; il primo passo potrebbe essere quello dell’adozione di una risoluzione da adottare da parte degli Stati e dei laboratori che sviluppano la tecnologia. Il secondo passo dovrebbe essere poi quello di declinare normativamente iprincipi e le regole tecniche nei singoli Paesi. Il terzo passo potrebbe essere quello di certificare i laboratori e i sistemi che adottano l’Intelligenza artificiale. Soluzione apparentemente semplice, ma i cui tempi di adozione potrebbero essere travolti dalla tecnologia stessa. L’Italia, con il ministro Antonio Tajani, presenti una proposta all’Onu. Diventi apripista della rivoluzione tecnologica industriale.

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