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Inchiesta Covid, a Bergamo tutte le responsabilità politiche

Gianluigi Paragone
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Erano mesi che nelle terre lombarde si parlava dei passaggi imminenti che la procura di Bergamo avrebbe messo nero su bianco. Quindi non mi ha sorpreso, se non nei tempi (i pm hanno aspettato tutte le scadenze elettorali per evitare strumentalizzazioni), la decisione di iscrivere nel registro degli indagati tutto il gotha che gestì i mesi dell’emergenza pandemica. L’accusa di epidemia colposa è un macigno pesante che parte dalla cima di un comunità che vide spegnersi vite umane con una velocità impressionante e si scarica a valle, quasi a scuotere chi sperava di normalizzare nel silenzio ogni cosa. Da Conte a Speranza, da Brusaferro a Locatelli, da Fontana a Gallera.

Non è così che si doveva procedere. «Quei morti potevano e dovevano essere evitati», si dice in procura, nelle case, nei bar e in qualsiasi luogo dove più che il Covid ha ucciso l’imperizia di talune scelte. Sarà la magistratura a darci alcune delle risposte; sarà l’informazione a non affievolire il flusso di notizie; e sarà la politica a rimettersi in discussione con una commissione d’inchiesta che non potrà essere un mero esercizio parlamentare. Sarà così perché lo speriamo. Ma se qualcuno verrà meno alle proprie responsabilità allora ancora una volta toccherà al popolo o a quella parte che non si arrende alzare il volume della richiesta di verità.

Non entro nel merito dell’inchiesta, rimetto piuttosto a fuoco quelle che sono state le responsabilità politiche di un gruppo assai ristretto di persone che ha comandato, più che guidato, la catena decisionale con arroganza, presunzione e anche un certo cinismo egocentrico. Un ministro come Roberto Speranza, messo alla Sanità al buio di qualsiasi esperienza se non quella di assessore all’Urbanistica a Potenza, solo per il solito calcolo governativo: la Sinistra appoggiava il Conte 2 pertanto aveva diritto a un ministero. Scelsero appunto il segretario di Articolo Uno in una casella non primo rango. Con il Covid, però, quel ministero diventa centrale come pochi altri; e che fa l’ex assessore all’Urbanistica? Semplice, si consegna alla macchina ministeriale perché non può fare altro; tuttavia la macchina in questione - come poi avrebbero dimostrato le inchieste di pochi giornalisti tra cui quelli di Report - aveva già evidenti falle come quella del mancato aggiornamento del piano pandemico. Uno dei grande registi del ministero era quel Ranieri Guerra, punto di contatto con l’Organizzazione mondiale della Sanità, di cui abbiamo imparato a conoscere la presunzione.

 

 

 

 

Sopra Speranza, c’era il presidente del Consiglio Giuseppe Conte la cui ombra era un uomo di comunicazione, Rocco Casalino, il quale capisce che il momento è unico per conquistare la scena mediatica. Casalino lavora su Conte come premier forte e leader unico in grado di gestione questa emergenza («Gli altri governi stanno studiando il caso Italia», diceva l’avvocato grillino dalla Gruber). L’Italia è in panico, bloccata dal lockdown e aspetta la messa quotidiana: la diretta Facebook per sapere come e se possiamo muoverci da casa, come si può ripartire e a che punto della notte siamo: zero domande, solo predicazione. Lo stesso faranno Speranza e tutti coloro che oggi sono indagati: Locatelli presidente del Consiglio superiore di sanità; Brusaferro presidente dell’Istituto superiore di Sanità; Miozzo ex coordinatore del comitato tecnico scientifico, Borrelli ex capo della Protezione civile. Conte e Speranza si chiudono in questa bolla e sperano di aver trovato la strada giusta. Ce n’era un’altra? Forse sì, ma chi osava dire qualcosa di diverso rispetto alla cupola di governo (cupola in senso largamente politico senza malizia o malevoli interprestazioni, sia chiaro) veniva isolato. Solo i politici potevano, come infatti accadde, cambiare posizioni passando da posizioni aperturiste (questo virus non è pericoloso, non fermiamo le nostre vite e le attività) alla più intransigente chiusura.
Il Parlamento e le sue commissioni? Gli altri ministri? Tutti fermi ai box. Parlavano solo loro, Conte e i suoi esperti. La tenuta di quelle misure e di tutte quelle successive sono al vaglio della magistratura: l’accusa di epidemia colposa è precisa ed è grave. Sarà interessante vedere le evoluzioni procedimentali e come entreranno nel processo. Così come sarebbe importante sapere che fine hanno fatto accuse gravi rivolte per esempio ad Arcuri, altro personaggio su cui si erano concentrati tutti i poteri possibili su mandato proprio di Conte e di Speranza. O allo stesso Ranieri Guerra, altra figura chiave per quanto avvolta nell’ombra fintanto che un serio funzionario dell’Oms Francesco Zambon non ha denunciato l’inadeguatezza del piano pandemico: Zambon ha pagato un prezzo altissimo, Ranieri Guerra è invece protetto da una immunità. Quella stessa immunità di cui, speriamo, si spoglieranno tanto Conte quanto Speranza. Il quale già teme la commissione d’inchiesta: «È una clava politica». No, è solo un’altra modalità attraverso la quale contiamo di conoscere con quanta propaganda avete negato libertà fondamentali. 

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