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Piazzapulita, Crisanti svela a Formigli gli errori fatali: "Ora qualcuno lo dica"

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"Da tutto questo studio che lei ha fatto, a prescindere dalla responsabilità giudiziarie perché non sappiamo nemmeno se ci sarà oppure no un rinvio a giudizio che idea si è fatto?". Corrado Formigli nella puntata di giovedì 2 marzo interroga il prof Andrea Crisanti sui morti di Bergamo dopo la notizia della chiusura delle indagini sull'inchiesta Covid.

La 'zona rossa' in Val Seriana e ad Alzano Lombardo e Nembro a fine febbraio 2020 e l'attuazione del piano pandemico - sebbene non aggiornato - avrebbe risparmiato la vita a oltre 4mila persone e si sarebbe evitata "la diffusione incontrollata" del virus. Dopo tre anni la Procura di Bergamo chiude la 'madre' di tutte le inchieste giudiziarie sul Covid. Novantanove le persone offese - parenti delle vittime - 19 gli indagati con tutti i nomi-chiave della gestione pandemica: gli ex presidente del consiglio e ministro della Sanità, Giuseppe Conte e Roberto Speranza (per i quali si procede separatamente davanti al tribunale dei Ministri), il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, l'allora assessore Giulio Gallera, i membri del Comitato tecnico scientifico (Cts), gli allora vertici di protezione civile, sanità italiana, lombarda e bergamasca. Sono accusati a vario titolo di epidemia colposa, omicidio colposo, abuso e rifiuto d'atti d'ufficio, falso ideologico e materiale, lesioni.

Per il procuratore capo di Bergamo, Antonio Chiappani, l'aggiunto Maria Cristina Rota e i sostituti procuratori Emma Vittorio, Guido Schinina, Paolo Mandurino e Silvia Marchina, che hanno coordinato l'indagine della Guardia di Finanza, quello che è accaduto è un lungo elenco di omissioni, sottovalutazioni, falsità incrociate. Conte-Speranza e Fontana-Gallera devono rispondere di omicidio colposo commesso in "violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro" perché in "cooperazione colposa" tra loro e con i membri del Cts avrebbero "cagionato per colpa la morte" di 57 persone, vittime del Covid fra il 26 febbraio e il 5 maggio 2020.

"Sono stati fatti tantissimi errori, un errore non vuol dire che ci sia necessariamente una responsabilità penale. Penso che la gente si aspetti che qualcuno dica abbiamo sbagliato" risponde il prof. al conduttore di La7 che interviene subito dopo: "Perché dovevamo avere pronto il piano pandemico, i dispositivi di protezione, avere il personale sanitario". "Sicuramente l'Italia era totalmente impreparata sia per ragioni di carattere logistico sia culturale: in Italia non c'è più una cultura dell'emergenza epidemica - sottolinea Crisanti - cultura che invece c'era in altri Paesi". 

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