Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Elezioni politiche, Calenda si è fermato in tempo. Ma ora non deve più sbagliare

Benedetta Frucci
  • a
  • a
  • a

Dopo trattative, fermento, incertezze, proteste più o meno sussurrate, Carlo Calenda ha finalmente deciso di rompere l'accordo con il Pd di Enrico Letta. Una decisione che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a quanti - a partire dall'ala destra del suo partito - mal digerivano l'accordo con i dem. Certo, la partita non è stata giocata nel modo migliore.

Calenda ha siglato un accordo con Letta già sapendo dell'alleanza con Fratoianni e la sinistra radicale. Non solo. Il partito che si era scelto il leader di Azione come compagno di strada è, al suo interno, portatore di istanze contraddittorie rispetto all'agenda Draghi. Il problema non sarebbe stato quindi soltanto Fratoianni, ma anche i vari Orlando e Provenzano, quella sinistra dem che occhieggia da sempre al M5S e che vedeva come fumo negli occhi il liberal Calenda. Il leader di Azione si è fermato giusto in tempo perché, c'è da scommetterci, un giorno dopo il deposito dei simboli sarebbe iniziata, da parte della sinistra, una campagna che lo avrebbe danneggiato e messo in imbarazzo di fronte ai suoi elettori e che avrebbe mortificato chi da Forza Italia, a partire da Mara Carfagna, lo avrebbe seguito.

Ora che la pezza è stata messa, però, Calenda non può più permettersi errori. La mossa successiva e naturale che tutti si aspettano è l'accordo con Matteo Renzi. Quel Renzi che è rimasto al centro avendo compreso fin da subito il gioco di Enrico Letta ma anche convinto che la partita migliore possa giocarla senza scendere a compromessi con le idee. Un tratto che ben si concilia con ciò che ha dichiarato Calenda ieri dalla Annunziata: la sua sarà una campagna basata sugli ideali. Da parte del leader di IV, solo apertura e nessuna preclusione a un'alleanza.

Sarebbe incomprensibile, d'altronde, per gli elettori di Azione e Italia Viva e per tutto il mondo liberale e centrista, che i due leader corressero separati e in concorrenza fra loro. E questo i due lo sanno bene. A meno di ulteriori atti di masochismo, il terzo polo è quindi un'opzione logica e sul piatto. Un'operazione che se ben condotta, potrebbe dare del filo da torcere al centrodestra, ma anche al Pd di Letta e realizzare quell'operazione Macron che sia l'ex premier sia l'ex ministro avevamo immaginato per le loro creature politiche. Un'operazione a lungo respiro, soprattutto se il centrodestra riuscirà a realizzare una riforma costituzionale in senso presidenziale e che potrebbe ridurre in futuro il Pd alle percentuali inesistenti del partito socialista francese, se ben giocata. A meno di trasformarsi, come già ora rischia di dover fare, in un partito sempre più schiacciato a sinistra, abbandonando del tutto la vocazione riformista. Certo è che alla fine della giornata, il bilancio è in positivo per il centrodestra. Se Enrico Letta continuerà così, la Meloni potrà permettersi di non fare campagna elettorale. Ci penserà lui, con le sue mosse maldestre, a regalarle la vittoria. 

Dai blog